Veins and Skulls è il titolo dell’artbook di Daniele Serra, giovane ma affermato illustratore, noto per i suoi lavori editi in Europa, America, Australia, Giappone. Vincitore del British Fantasy Award, ha lavorato tra l’altro per DC Comics, Image Comics e Weird Tales magazine.
L’artbook contiene 64 pagine a colori ed è pubblicato da Short, Scary Tales Publications. È diviso in tre parti: nella prima sono raccolte le illustrazioni che hanno come tema, appunto, “veins and skulls” quali simboli di vita e morte. A dominare nelle immagini è la figura femminile, il cui corpo e volto si fanno veicolo di un significato da decodificare, un messaggio dai contorni inquietanti, come suggeriscono le nuances bruciate e le atmosfere liquide che dominano le visioni dell’autore. Le linee sfumano, le chiazze di colore si dilatano, si affacciano le silhouette dei pipistrelli in volo su paesaggi decadenti fatti di ombre, le sagome dei teschi accompagnano la donna nel suo viaggio. La morte e la fanciulla sono guide nel mondo cupo che lo spettatore si trova ad attraversare, dove il sangue vivo si mescola alla cenere. I titoli che accompagnano queste immagini contribuiscono al gioco dell’evocazione: Nude, Water, Portrait, Breath, Love, Seeds, Goodbye, Windows, City, Gardens.
La seconda parte segue le tematiche affrontate nella prima, dandone una versione bicroma, minimale e forse ancora più pregnante della precedente. La terza e ultima parte mette a fuoco paesaggi sfumati di tenebra: città in rovina, porti abbandonati e una nave all’orizzonte. La vita forse un tempo abitava questi luoghi fatti di inchiostri feroci che ricordano le macchie di Rorschach, agendo a livello subliminale e ponendo inquietanti domande.
Con pochi elementi, Daniele Serra ci mostra un mondo di incubi notturni e diurni, attraverso i quali, come scrive Jeff Mariotte (scrittore e sceneggiatore di comics) nella prefazione all’opera, riesce a incidere sottilmente nella mente del lettore che non è solo spettatore, in quanto è chiamato a operare in prima persona per completare quanto suggerito dall’immagine. L’orrore non si mostra nella sua totalità. L’orrore ci invita a entrare nel suo mondo e nel farlo ci rende consapevoli di esserne già parte.
Veins and Skulls: ovvero Grazia e Dannazione di Leni Remedios
Veins and Skulls. Pulsione e Morte. Visioni estatiche: scorci regalati allo sguardo curioso e alla mano trepidante che ha osato scostare la tenda, ancorché per un attimo. Trepidante, perchè “Il prezzo da pagare per aver alzato il velo e gettato uno sguardo al volto del dio Pan è alto e reale”1.
La visione che viene regalata, filtrata dall’arte di Daniele, non è univoca. Contiene le sfumature della complessità. Non è un orrore esplicito, come quello emanato dalle mostruosità insolite e dai paesaggi tetri di H.P. Lovecraft; non è nemmeno la perversione estetizzante ed allucinatoria richiamata da Edgar Allan Poe. È un orrore soffuso, quasi etereo. Evoca piuttosto le atmosfere dipinte dal gallese Arthur Machen: innocenza e ferocia, grazia e dannazione s’intrecciano indissolubilmente.
Un intreccio che ha in parte a che fare con quella sorta di familiarità esalante da queste visioni: nella naturalezza con cui le donne ritratte interagiscono con i teschi2, nell’atmosfera stemperata dei paesaggi urbani, investiti da una luce che ricorda vagamente certe familiarissime immagini da cartolina (Morning, Ashes). In seguito lo sguardo si raffina e nota dettagli non considerati alla prima, fugace occhiata: indugia sulle linee che escono dai corpi, vene pulsanti quasi risucchiate dalla freddezza del teschio inerte; e si sofferma sulle rovine di edifici sgretolanti – richiamanti i resti romani disseminati nel territorio gallese – le cui macerie non seguono la gravità, bensì decidono di lievitare verso l’alto, trasmutandosi in anomali volatili.
“(…) Se le rose del tuo giardino cantassero una strana canzone, tu impazziresti”3 afferma Ambrose, bizzarro personaggio, a metà fra psicotico e filosofo, in apertura de Il Popolo Bianco, celebre racconto dell’autore sopra citato. E impazzisce anche il protagonista di L’Horla, di Guy de Maupassant, nel contemplare frammenti di realtà non più obbedienti alle note, rassicuranti leggi della ragione.
È questa la natura profonda del male autentico, insiste ancora Machen, non nella comune, prosaica concezione di peccato, bensì nella deformazione delle leggi di Natura o in fenomeni che, senza deformarla, obbediscono a leggi altre, superandola. Tale deformazione però non assume forme eclatanti nel suo esprimersi, bensì prende parte disinvoltamente alla danza della vita, mescolandosi alle sue ordinarietà. Per scorgerla serve maturare quella volontà di oltrepassare il velo di mediocrità che ci tiene a galla, quel senso di rassicurazione che c’induce a non abbandonare la solidità del già noto e che perciò c’impedisce sia di volare in alto che di esplorare gli abissi 4.
Così è in Veins and Skulls: la leggiadria s’aggroviglia con brutalità e morte, il candore con spietatezza e declino. L’unione degli opposti dà come risultato una sorta di stupore soprannaturale, lo stesso che si respira dalle pagine di Machen, dove, per esempio, le parole più indicibili e le realtà più aberranti vengono evocate dalle labbra innocenti di una bambina o dove il quieto e quasi idilliaco sfondo delle colline gallesi ospita verità disturbanti ed antiche.
Ed è anche, al proposito, il sapore di antico ad animare le figure di Daniele, inserite in un tempo-non-tempo: le sue donne sembrano incarnazioni delle eroine di celluloide di Carl Theodor Dryer, piuttosto che rivisitazioni di dive alla Theda Bara o Marlene Dietrich. Profili che si mescolano a frammenti di realtà spicciola (Upholstery, Windows) o alla grandiosità di città in decadenza, in entrambi i casi travolgendoli in un tutto indefinito, l’uno la protuberanza dell’altra, in una sorta di sospensione metafisica che non porta a nessuna linea retta, indi a nessuna certezza. Tutto è possibile, nel regno di Pan.
Le visioni estatiche di Daniele regalano proprio questo: un guizzo di inaudito, un invito a entrare nella dimensione oltrepassante le nostre certezze razionali. Esse “(…) appartengono al mondo che stà dall’altra parte della cortina nera; ed è solo per qualche bizzarra disavventura che un angolo di quella tenda viene scostato per un istante”5.
1 Guillermo Del Toro, Prefazione a A. Machen, The White People and Other Weird Stories, p. VIII, 2011, Penguin Books, London, UK (traduzione mia).
2 Si veda al proposito l’introduzione a Veins and Skulls di Jeff Mariotte.
3 The White People, contenuto in The White People and Other Weird Stories, op. cit., p. 113.
4 “Troviamo la terra così confortevole che non abbiamo alcuna inclinazione né per le ascese né per le discese” op. cit., p. 117.
5 A. Machen, The Great Return, in The White People and Other Weird Stories, op. cit., p. 233.
Titolo: Veins and Skulls
Pagine: 64, colore
Casa editrice: Short, Scary Tales Publications
Data di pubblicazione: 15 Dicembre 2013
Lingua: Inglese
ISBN-10: 1909640123
ISBN-13: 978-1909640122
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Daniele Serra