Diventare un angelo alla propria morte dovrebbe essere la massima aspirazione di ogni essere umano, eppure non la pensa così Aislinn – pseudonimo di una nota blogger italiana –, per cui incarnarsi in una creatura celeste è la più terrificante delle sorti. Nel suo mondo, infatti, gli angeli sono spiriti senza meta che, eterei e incorporei, si aggrappano disperatamente a un’esistenza priva di emozioni.
Avrei voluto iniziare con una citazione. Ma avrei potuto iniziare anche dalla rivelazione dello sconvolgente finale. Oppure avrei dovuto commentare tutta una serie di passaggi. O semplicemente raccontare il film “Divergent”, uscito nei cinema qualche mese fa. Ho deciso, invece, di partire da un motto: il motto che per tutti e tre i libri ci viene riproposto come pilastro nella costruzione del mondo distopico della Roth: “La fazione prima del sangue!”.
Dopo la piacevole sorpresa del suo esordio, Alis Grave Nil, Barbara Schaer ci propone il primo capitolo di una saga che desume le sue origini nientemeno che dal folklore giapponese. Gli antichi Oni sono demoni che imperversano tra le strade di un’attualissima Washington alla caccia degli eredi, rappresentanti di una nutrita comunità giapponese costretta a vivere in un mondo che ha così poco in comune con quello da cui provengono. Un contrasto forte quello alla base di Onislayer, che costringe due realtà diametralmente opposte a coabitare.
«Ma ora che so quanto grande è il mondo… Credo che, per conseguenza, sia diventato troppo stretto per la mia fazione.»
Allegiant
Manca davvero poco. Stiamo contando i giorni che ci separano dall’uscita italiana di Allegiant, terzo capitolo della serie, pubblicato il 22 ottobre scorso negli Stati Uniti e previsto in Italia il prossimo 21 marzo. Nel frattempo, siamo ancora più trepidanti per l’attesa del film Divergent (prevista in Italia il prossimo 3 aprile), la versione cinematografica del libro, dove finalmente potremo dare una forma e un volto ai personaggi del fantastico mondo creato da Veronica Roth. Vi proponiamo la recensione dei primi due capitoli della trilogia, per fare il punto della situazione e riprendere la lettura da dove l’avevamo interrotta.
Ogni volta che leggo un distopico resto un pochino destabilizzata, come credo sia giusto, dalle realtà parallele che ne escono fuori e che, di volta in volta, sono sempre più avvincenti e ancor più spesso impensabili. Ed è proprio ciò che mi affascina in questo genere di libri. Questa volta, però, sono in difficoltà. In questo caso ci troviamo di fronte un romanzo che unisce i tratti di un distopico, con la sua ambientazione pre e post accadimento di un fatto sovrannaturale, a quelli più magici di un classico fantasy, oltre ad altri ancor più gotici dell’horror.
Atlantide. Il continente perduto. La leggenda. Da sempre questo mito ha affascinato intere generazioni di scrittori, sognatori, ma anche storici e scienziati. Ognuno di loro, e ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha cercato di capire, intuire, provare l’esistenza di questa terra meravigliosa e perfetta (così sembra), simbolo di bellezza, abbondanza e giustizia. Gli studi e gli scritti si sono susseguiti da sempre, così come i libri, i film, i fumetti.
Partendo dal temibile conte stokeriano e superando l’era di Twilight – in cui schiere di predatori della notte cercano di convivere, più o meno pacificamente, con le loro prede umane, arrivando addirittura a intessere relazioni sentimentali – Andrew Fukuda ribalta tutte le prospettive: niente figure tenebrose da allontanare con aglio e crocifissi e niente relazioni difficili.
Laini Taylor è brava, non c’è che dire: non si può che confermarlo con questo suo nuovo romanzo La città di sabbia. Il primo, La chimera di Praga, recensito QUI, è stato un romanzo capace di colpire il lettore per la sua freschezza, per la sua texture colta pur senza pretenziosità, per la capacità di avvincere e la scorrevolezza. Le domande si alimentavano insieme allo svelarsi dei personaggi e l’ironia, la capacità di far ridere con il gergo e la leggerezza delle protagoniste ragazzine stemperavano il tono drammatico della parte puramente fantasy. Ci riesce anche questo secondo episodio della trilogia Daughter of Smoke and Bone? Sostanzialmente sì. Il compito non è facile, perché la Taylor ha dovuto costruire un mondo complesso, che nel primo libro era delineato, ma qui doveva trovare corpo e sostanza.
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