Non sarà l’inarrivabile Hayao Miyazaki (La città incantata, Il castello errante di Howl, Si alza il vento), ma Hiromasa Yonebayashi sembra proprio uno dei registi più interessanti della “nuova” generazione dello Studio Ghibli, la società di animazione fondata nel 1985 a Tokyo da Toshio Suzuki, Hayao Miyazaki e Isao Takahata (Una tomba per le lucciole, La principessa splendente).
Il documentario Il regno dei sogni e della follia (The Kingdom of Dreams and Madness) di Mami Sunada, dedicato al leggendario Studio Ghibli, segue un approccio multilineare e magnetico. Si parte dal presente (il documentario è stato girato tra 2012 e 2013, durante la produzione dei lungometraggi Si alza il vento e La storia della principessa splendente), per poi fare incursione più volte nel passato, seguendo molteplici linee temporali, sia dello studio che dei suoi membri, e infine sottintendere un’implicita domanda rivolta al futuro. Domanda dalla risposta incerta perché, com’è noto, Miyazaki Hayao con Si alza il vento ha firmato il suo addio ai lungometraggi animati.
Con il naso su per aria a seguire il tracciato di un sogno che decolla, tra destini sospesi e visioni che si incrociano, l’ultimo film di Miyazaki vola alto, portando con sé i nostri cuori colmi di gratitudine per il maestro dell’animazione giapponese che ci ha accompagnato per più di quarant’anni attraverso le sue opere.
Dopo l’Orso d’Oro e l’Oscar per Sen to Chihiro no Kamikakushi (La città incantata, 2001), la nomination all’Oscar per Hauru no ugoku shiro (Il castello errante di Howl, 2004) e il Leone d’Oro alla carriera nel 2005, il mondo occidentale ha spalancato gli occhi meravigliati sull’incredibile – per quantità, ma soprattutto per qualità – produzione di Hayao Miyazaki, poliedrico cineasta nipponico (regista, sceneggiatore, animatore e produttore) e insieme mangaka.
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