In questo disastroso (ma forse sarebbe meglio dire apocalittico) 2020 cinematografico, tra i pochi film che hanno raggiunto le sale italiane si è distinto Il re di Staten Island, commedia diretta da Judd Apatow e basata sulla versione romanzata della vita di Pete Davidson, comico americano diventato celebre come membro del cast dello storico show televisivo Saturday Night Live.
Lo scorso 7 ottobre C’era una volta a… Hollywood ha guadagnato il primato di essere il primo film di Quentin Tarantino disponibile in 4K Ultra HD. La nuova versione home video, distribuita da Universal Pictures è caratterizzata da un video in formato panoramico 3840 x 2160p e da una ricca galleria di contenuti extra che comprendono sette scene inedite.
Zach Braff (l’indimenticato e indimenticabile JD di Scrubs) continua la sua carriera da regista con Insospettabili sospetti, commedia elegante e delicata magistralmente interpretata dai premi Oscar Michael Caine, Morgan Freeman e Alan Arkin (per un totale di quattro statuette e quindici nomination).
Ho letto Angelo che sei il mio custode di Giorgia Lepore molto velocemente e in due grandi ondate, sia per circostanze esterne – e sono anzi grata a Gerri Esposito di avermi intrattenuto per una lunga notte di veglia – sia per una interna fascinazione. È raro e prezioso quando un libro ti fa quest’effetto.
Ho un debole per le pubblicazioni sui filosofi, uno per l’arte contemporanea e un altro per le contaminazioni. Quando i miei tre deboli si uniscono nello stesso libro, si trasformano in un fortissimo. Fortissimo bisogno di possederlo, prima di tutto (coi libri il possesso dell’oggetto è tutto, ma non ci addentreremo per questo sentiero, che potrebbe rivelarsi interrotto) (grazie Heidegger), e subito dopo fortissimo bisogno di leggerlo.
Come i film, i formaggi e le certezze, anche i libri invecchiano in modo diverso, alcuni meglio di altri. Ci sono quelli che diventano classici e quelli che si portano appresso la data di scadenza, e a riprenderli in mano dopo anni li si trova ridicoli, incredibilmente stupidi o, nel caso migliore, belli ma distanti.
Quando due anni fa è uscito questo romanzo, L’Oceano in fondo al sentiero, mi ci sono avvicinata con grande curiosità per tre motivi: il primo è che Neil Gaiman è uno dei miei autori stranieri preferiti di sempre e ogni nuova uscita che porta la sua firma è per me sinonimo di un giro in giostra annunciato; il titolo stupendo; e il terzo nasceva dai commenti non proprio entusiastici della critica, che aveva accolto il nuovo lavoro dello scrittore inglese con diffidenza. L’opinione comune era che Gaiman fosse scoppiato come autore geniale, che la sua vena creativa si fosse esaurita ma che, nonostante tutto, caparbio, avesse tentato ugualmente di scrivere un romanzo dei suoi, ma non ci era proprio riuscito.
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