Lo scorso 5 maggio la Universal Pictures Home Entertainment Italia ha distribuito le versioni home video di Piccole donne, film scritto e diretto da Greta Gerwig. Dopo il successo di Lady Bird, la regista americana torna a trattare la tematica dell’emancipazione femminile attraverso un adattamento moderno dei celeberrimi romanzi di Louisa May Alcott.
La storia di una bottega è un piccolo gioiello dimenticato della letteratura vittoriana. Qui in Italia nessuno, o quasi, aveva mai sentito parlare di questa scrittrice inglese di origine ebrea, morta suicida a ventisette anni, Amy Levy, finché la casa editrice perugina Jo March non ha selezionato il suo libro, The romance of a shop, per tradurlo come secondo titolo della collana Atlantide, dopo il grande successo di Nord e Sud di Elizabeth Gaskell. Ho avuto la fortuna di poter leggere in anteprima questo libro, quando la traduzione era ancora una bozza, ma subito ho compreso il motivo per cui Jo March lo ha scelto con determinazione per la sua collana.
«Non riesco a credere di non averti raccontato di nonna Jo» disse Lulu. «Qui non si parla d’altro. Notte e giorno, estate e inverno, anno dopo anno. La preghiamo in ginocchio, la imploriamo a denti stretti, “mamma,” le diciamo “basta con nonna Jo”. Ma lei ci ascolta? Noooo.»
«Nonna Jo era la mia bisnonna» spiegò Fee. «Ha vissuto fino a cent’anni, anche se purtroppo non l’ho mai conosciuta. Dicono che avesse un gran temperamento.» «Aveva tre sorelle» aggiunse Lulu. «Margaret, una perfetta gentildonna, Bethie o Betsey, che era un angelo ed è morta giovane, e Amy, che dormiva con una molletta sul naso perché pensava che le sarebbe venuto più carino.»
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