Silvana De Mari ci sta regalando un’altra trilogia fantasy e, sinceramente, c’è solo da festeggiare. Questo per vari motivi: non solo perché, pur nascendo per ragazzi, i suoi libri sono godibilissimi a tutte le età, ma anche perché sono scritti molto bene e hanno qualcosa di grande da dire a generazioni di ragazzini messi in pericolo da adulti sempre più idioti. Invece, Silvana De Mari è un’autrice che propone con sicurezza contenuti importanti. È un medico, è una terapista comportamentale, ma soprattutto è una scrittrice autorevole e sempre appassionata in quel che fa.
Di maghi, nelle storie fantasy, ce ne sono a bizzeffe. Si dovrebbe partire dal mago Merlino e dalla funzione di mentore e protettore svolta da questa figura nei confronti del re eroe, Artù. La letteratura e la fiction di tutti i tempi hanno elaborato moltissime variazioni sulla fisionomia del mago dall’epoca dell’Historia Regum Britannae (1), con il Myrddin che divenne Merlino.
I Centomila regni di N.K. Jemisin fa sorgere, dalla fantasia, un universo. Certo, chiunque scriva un libro ci prova, in più però chi approccia il mondo variegato del fantasy ha la possibilità di cimentarsi in una fatica cosmogonica che è di per se stessa una sfida. Questo in più è un romanzo d’esordio, dunque gli si può abbuonare il rischio della solita operazione tentata sistematicamente da chi scrive romanzi di genere in serie per creare il prodotto perfetto per il relativo target di riferimento.
Ci troviamo nell’Era della Normalità Assoluta in quella che potrebbe essere una futura Germania o forse una qualsiasi nazione di fantasia (ma non lo fate sapere in giro che esiste questa parola). La popolazione si divide in Normali, Freak e Fate, ma quest’ultima parola è impronunciabile, peggio di una parolaccia o una bestemmia, come neanche Voldemort nel mondo di Harry Potter.
L’incedere lento e inesorabile del tempo livella ogni cosa, erode la roccia e segna, implacabile, il passaggio delle epoche. Nemmeno i grandi imperi possono sottrarsi a tale sorte. La forza consolidata dei Paesi appartenenti all’Unione sta per vacillare sotto una nuova minaccia proveniente dal Nord, mentre dalle regioni orientali sopraggiunge un pericolo più antico e oscuro. In queste queste terre, ignote e lontane, si intrecceranno i destini di tre uomini.
Parlare di fantasy non è mai facile. Forse perché la mente corre inevitabilmente al maestro del genere J.R.R. Tolkien prima, al più “audace” nonché attualmente prolifico George R.R. Martin subito dopo, fino a fare una puntatina quasi nostalgica in quel di Hogwarts attraverso la babbana J.K. Rowling. Di lì percorre a ritroso il cammino fino alle più celebri fiabe per bambini, da Andersen a Perrault, e raggiunge i racconti popolari nordici di Yeats o dei fratelli Grimm, giusto per citare alcuni dei nomi più conosciuti.
Avete mai provato la sensazione incongrua ed estraniante di capitare in un luogo carico di storia, e pur trovandovi circondati da oggetti immoti, statue o inanimate architetture, sentirvi spiati da mille occhi invisibili, interpellati da muti segnali? Bene. Siete appena entrati nel Labirinto; e come ogni volta, non ne uscirete tanto facilmente.
Non prima che siano impiccati è il nuovo capitolo della trilogia di Joe Abercombie: un autore che ha saputo imprimere una svolta nel genere Fantasy. L’autore ha infatti introdotto un crudo realismo che tiene il lettore saldamente ancorato a una realtà violenta e difficile, in cui è così semplice identificarsi e riconoscere il turbolento passato – e perché no, sotto alcuni aspetti anche presente – della razza umana.
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