Forse qualcuno ha potuto osservare quest’immagine, in giro per le strade, usata come pubblicità. Ebbene, se volete sapere chi è questa algida brunetta che fissa l’obiettivo con aria spavalda, sappiate che è un supereroe Marvel, Jessica Jones, e ha ben donde di avere quel cipiglio sicuro, coi superpoteri che si ritrova. Netflix infatti, che ci ha già offerto quella chicca che è DareDevil, con Jessica Jones sta aggiustando ulteriormente il tiro e nella nuova serie televisiva a lei dedicata aggiunge un altro tassello al Marvel Universe, al cinema e in TV.
Uomini esemplari. Grandi anime cui ispirarsi. Proviamo a pensarci. Chi ci verrà in mente?
Erika De Pieri ci narra di un eroe friulano. Nel 1868 al sedicenne Pietro Savorgnan, studente all’Accademia navale, venne in mente un tenente di vascello Aynes sul delta del fiume Ogoué nell’Africa occidentale; l’esperienza di questo tenente lo ispirò al punto che trascrisse il resoconto dell’esplorazione sul proprio quadernetto scolastico, aggiungendo un’epigrafe di suo pugno: “Bell’esempio di volontà realizzata”.
Per una volta l’Italia batte gli USA: in America debutterà il 4 aprile, ma i cinema nostrani proietteranno Captain America: The Winter Soldier già da mercoledì 26 marzo. Diario di Pensieri Persi ha potuto assistere alla proiezione stampa romana del film, di cui vi presentiamo la recensione in anteprima.
Qualcosa di travolgente. Così potremmo definire la vita della divina marchesa Casati e così la sua biografia disegnata, firmata da Vanna Vinci.
Nella Londra degli anni Cinquanta, un’inquietante figura si aggira per le strade come un fantasma: veletta e piume nere, kohl pesante attorno agli occhi, la pelliccia lisa e un’aria di noncuranza fatale. È la marchesa Casati, o meglio l’ombra di ciò che era un tempo.
Parliamo di Villains, di Cattivi, quelli con la maiuscola. Parliamo di Cattivi Marvel, senza i quali l’esistenza dei super eroi sarebbe insignificante e inutile. I Cattivi sono il fondale oscuro sul quale i Buoni si muovono, saltano, volano, lottano, vivono e brillano di luce propria, una luce che, come quella delle stelle, ha bisogno del buio per risplendere. L’universo dei Villains Marvel è sconfinato, perciò ne citeremo soltanto qualcuno, tralasciando con dispiacere altri intriganti malvagi come Venom, Goblin, il Barone Zemo, Lizard, Galactus e via così, verso l’infinito e oltre.
Gli shoujo manga (letteralmente: “fumetti per ragazze”) sono una galassia che veleggia nell’universo sconfinato del misterioso Giappone, luogo arcano in cui le tirature dei fumetti raggiungono cifre vertiginose per il mercato europeo. Anche in questo contesto delle meraviglie, appare comunque singolare la nascita, lo sviluppo e la continua crescita – quantitativa e qualitativa – di un tipo di produzione fumettistica che ha come target di riferimento le donne.
Recentemente, a causa dell’ennesimo suicidio volontario del mio notebook (di cui piango ancora la perdita, sebbene non lo meriti), mi sono decisa a guardare sistematicamente gli episodi dell’anime di InuYasha grazie al mio fedele iPad. È stato amore, e quest’anime è riuscito a debellare la mia temporanea fissazione per la serie di Amelia Peabody di Elizabeth Peters, contribuendo però a crearne un’altra. Stamattina, nel momento in cui ho cominciato a scrivere, ho visto il finale della terza stagione, anche se a differenza delle serie tv americane InuYasha non è affetto dalla sindrome cliffhanger; guardando gli episodi con continuità non ci si accorge del cambio da una stagione all’altra.
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