Nella realtà sono trascorsi due anni dal dicembre del 2015, quando Il Risveglio della Forza, VII Episodio della saga di Star Wars debuttò nei cinema riportando nell’immaginario collettivo una storia e dei personaggi che forse, dall’immaginario collettivo, non erano mai realmente usciti.
Tuttavia, nel tempo della storia, di attimi ne sono trascorsi pochissimi: Gli Ultimi Jedi inizia dove Il Risveglio della Forza terminava, con Rey (Daisy Ridley) dinanzi a un Luke Skywalker (Mike Hamill) dall’aspetto provato e apparentemente deciso a vivere i suoi ultimi giorni in solitudine, Finn (John Boyega) ancora incosciente in seguito allo scontro con Kylo Ren/Ben Solo (Adam Driver) e Poe Dameron (Oscar Isaac) in procinto di buttarsi a capofitto in un’impresa tanto ardita quanto incosciente in barba agli ordini del generale Leia Organa (Carrie Fisher). Ma questo è solo l’inizio.

Star Wars: Gli Ultimi Jedi

Non vogliamo raccontarvi per filo e per segno cosa accade in Gli Ultimi Jedi: potrete scoprirlo avvolti dalla magia di una sala cinematografica buia, un luogo in cui persino la scritta azzurrina in sovrimpressione “Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana….” – scritto proprio così, con quattro puntini di sospensione in barba alle regole grammaticali – e l’ormai celebre tema di John Williams portano lo spettatore più cinico a emozionarsi ripensando a tutte le volte in cui quell’accostamento tra musica e immagine ci ha regalato batticuori e riflessioni, nell’infanzia e nell’età adulta.
Emozioni e riflessioni che non mancano nella pellicola di Rian Johnson, che qui è anche in veste di sceneggiatore e ha all’attivo la regia di alcuni episodi della serie cult Breaking Bad. Le emozioni sono suscitate dai duelli a colpi di spada laser e dalle battaglie nello spazio.
Ma sono anche quelle che trasmettono i personaggi sullo schermo: la ricerca di Rey del proprio posto nel mondo, il conflitto interiore di Kylo Ren, l’arduo percorso di Poe Dameron per comprendere cosa significhi essere un buon leader e la consapevolezza di Finn che a volte non si combattere per distruggere ciò che si odia ma per difendere ciò che si ama.
Un’emozione particolare è data dalla dedica finale del film, In loving memory of our Princess, Carrie Fisher. Una Fisher che sul grande schermo vediamo interagire per l’ultima volta con la figlia Billie Lourd, che gli appassionati di serie ricorderanno come una delle Scream Queens di Ryan Murphy.
Le riflessioni sono quelle che una saga come Star Wars ha sempre, più o meno apertamente, cercato di suggerire: che il bene e il male esistano e che è importante che siano in equilibrio. Che una scelta va fatta e non è possibile restare neutrali dinanzi alle battaglie che contano – quella per la libertà prima di tutto. E che, prima o poi, un cambio generazionale è dovuto: kill your darlings dicono alcuni, e mai detto è stato più vero.
Il resto non ve lo raccontiamo. Vi invitiamo a scoprirlo voi stessi al cinema dal 13 dicembre.
the author

Laureata in Comunicazione e appassionata di storytelling in tutte le sue forme, Pia è riuscita a produrre ben più di una tesi sull’analisi semiotica di Harry Potter. Ha scritto per varie testate, tradotto qualche libro e lavorato come social media manager. Attualmente è giornalista pubblicista e cura le public relations di maghi in cerca di notorietà.

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