Gli shoujo manga (letteralmente: “fumetti per ragazze”) sono una galassia che veleggia nell’universo sconfinato del misterioso Giappone, luogo arcano in cui le tirature dei fumetti raggiungono cifre vertiginose per il mercato europeo. Anche in questo contesto delle meraviglie, appare comunque singolare la nascita, lo sviluppo e la continua crescita – quantitativa e qualitativa – di un tipo di produzione fumettistica che ha come target di riferimento le donne.
In Giappone, infatti, un manga, o più semplicemente un fumetto, nasce di solito pensato per una specifica fascia di pubblico: si realizzano così fumetti per bambini, per bambine, per ragazzi, per ragazze, per studenti universitari, per office ladies e così via. Come buon senso suggerisce, il fatto che un prodotto sia destinato in origine a un determinato pubblico non implica che i lettori siano esclusivamente gli appartenenti a quella categoria. Perciò un ragazzo può benissimo leggere uno shoujo manga, così come in Occidente, del resto, un uomo può leggere Elle o Grazia.
È necessario precisare che questa rapida panoramica sarà tutto fuorché esaustiva, visto che gli shoujo manga editi in Italia arrivano a toccare quasi il migliaio di titoli, il che poi è soltanto una goccia di quanto è pubblicato in patria.
È inoltre necessario chiarire che i fumetti giapponesi per ragazze non sono l’esatto corrispettivo dei nostri romance, anche se qualcosa in comune c’è. Infatti il focus di questo tipo di produzione è in larga misura il sentimento, inteso però in generale come moto dell’animo umano, quindi non limitato alla sfera amorosa. Lo stesso sentimento, però, ha importanza rilevante, ma non esclusiva. Ne consegue che è possibile trovare negli shoujo manga storie incentrate precipuamente sull’azione pura. In effetti, l’unica decisiva discriminante per questo tipo di produzione è individuare la rivista giapponese di appartenenza: se essa ha un target femminile, allora siamo di fronte a un fumetto per ragazze. Ragion per cui, oggi, questo mondo di pubblicazioni si dispiega più variegato che mai ai nostri occhi: gli shoujo manga offrono storie che abbracciano tutti i generi, contaminano secondo il postmoderno, ripiegano sul vintage, si slanciano verso la letteratura, riflettono sulla meta-narrazione.
Ma com’è cominciato tutto questo?
Il battesimo, dopo la Seconda guerra mondiale, risale a Tezuka Osamu, conosciuto in patria come “dio dei manga”. Al 1953 risale il suo Ribbon no Kishi (Il Cavaliere col Fiocco, noto in Italia come La principessa Zaffiro), in cui una principessa, per ereditare il trono, è costretta fin dalla nascita a fingersi un maschio. Tralasciando tutte le interpretazioni sociologiche del caso, basti sottolineare che quello del travestimento e del camuffamento è diventato a conti fatti un tòpos degli shoujo manga.
All’inizio degli anni Sessanta un certo numero di autrici (donne che scrivono per le donne), destinato a diventare sempre più nutrito, utilizza come temi principali la famiglia o la formazione personale; ecco perciò figli e madri, perduti o scambiati, che si ritrovano per ricomporre il nucleo familiare grazie a una fortunosa agnizione, oppure l’analisi del percorso di una ragazza comune che sogna di diventare una ballerina. In questi anni si assimila inoltre il mito americano: si danno alle stampe le versioni a fumetti di film come Sabrina di B. Wilder o Il ritratto di Jennie di W. Dieterle. Dal punto di vista grafico, grande attenzione viene data alle espressioni, ai volti e agli abiti dei personaggi.
Nel 1965, con Mary Lou di Nishitani Yoshiko, gli shoujo manga abbandonano l’infanzia per entrare nel mondo dell’adolescenza: via libera ai palpiti amorosi, al primo ballo, alle vicissitudini del primo amore. Nello stesso anno si tentano con successo le storie horror, con Hebi shoujo (La ragazza serpente), di Umezu Kazuo.
Dall’adolescenza all’età matura: sopraggiungono ruggenti gli anni Settanta, quelli che vengono considerati come “gli anni d’oro” di questo tipo di pubblicazioni. Le esperienze precedenti permettono la nascita del cosiddetto Gruppo ’24 (un gruppo di autrici per lo più nate nell’anno 24 dell’Era Showa: il 1949), che sforna veri e propri capolavori, alcuni dei quali noti anche nel Bel Paese grazie alle corrispettive versioni animate. Sfilano così di fronte a noi: il grande romanzo storico, Versailles no bara (Le rose di Versailles, alias Lady Oscar) di Riyoko Ikeda; il “classico” di formazione per ragazze, Candy Candy, di Kyoko Mizuki e Igarashi Yumiko, ispirato ai romanzi Papà gambalunga e Anna dai tetti verdi; l’avventura sportiva celebrata da Ace wo Nerae di Sumika Yamamoto (Punta all’ACE!, alias Jenny la tennista) o Attack n.1 di Urano Chikako (Mimì e la nazionale della pallavolo). Solo la prima serie di Versailles no bara in dieci volumi ha venduto nove milioni di copie in patria; divenuta fenomeno di culto internazionale, è valsa all’autrice la Legion d’onore assegnata dal governo francese.
E, in gran parte inediti in Italia, i cult della fantascienza, dell’horror e del dramma esistenziale: Hagio Moto è l’acclamata autrice i cui fumetti S-F sono stati premiati in patria per tre volte con il Seiun Award (equivalente dell’Hugo Award). In Italia è stato di recente pubblicato il suo Poe no Ichizoku (Il clan dei Poe) con il titolo Edgar e Allan Poe, in cui due vampiri quattordicenni vivono in Europa tra il 1740 e il 1976; le loro vicissitudini offrono lo spunto per una riflessione che contrappone l’eternità cui appartengono i vampiri alla fugacità del tempo della vita umana. Altro membro del Gruppo ’24, Ooshima Yumiko è un’autrice di cui Banana Yoshimoto si è dichiarata debitrice. Takemiya Keiko invece si lascia ispirare dal film del 1964 Les amitiés particulières e realizza il suo Kaze to ki no uta (Il Poema del Vento e degli alberi). Ambientato in un collegio francese verso la fine dell’Ottocento, narra l’intensa storia d’amore tra gli allievi Serge Batour e Gilbert Cocteau; la vicenda è delineata come un rito di passaggio che occorre attraversare per entrare nel mondo degli adulti. Quest’opera dà inizio al sottogenere shounen ai (letteralmente “amore tra ragazzi”, storie focalizzate sulle relazioni omosessuali). Anche se diversi titoli scelgono ambientazioni occidentali, altrettanti prediligono quelle tradizionali: ci pensa Yamato Waki a celebrare le origini della letteratura giapponese con il suo Asaki Yumemishi, trasposizione in manga del monumentale Genji Monogatari (Storia di Genji) di Murasaki Shikibu.
Sugli anni Ottanta soffia una brezza che sa di America: Yoshida Akimi prende spunto da Un giorno ideale per i pescibanana di Salinger e firma Banana Fish, un action thriller incentrato sulla carismatica figura di un gang leader newyorkese, Ash Lynx. Negli anni Novanta, Okano Reiko interpreta il romanzo fantasy The forgotten Beasts of Eld di Patricia McKillip in una meravigliosa versione a fumetti.
Tra le opere recenti di maggior successo, Yazawa Ai con la sua commedia sentimentale Nana (da cui sono stati tratti, tra l’altro, due live movie) ha invaso l’immaginario di un pubblico internazionale di adolescenti e non solo.
Ma sono forse i josei, le pubblicazioni destinate a un pubblico femminile adulto, quelli che possono riservare le maggiori sorprese. Tra i nomi più chiacchierati: Okazaki Mari e Anno Moyoko. Della prima in Italia è attualmente pubblicato Supplement, incentrato sulle vicende ora tristi ora liete, ma soprattutto realistiche di un’impiegata che cerca di coniugare lavoro e sfera affettiva. Della seconda, il celebre Happy Mania racconta, con stile caustico e occhio niente affatto benevolo, l’ossessione di una ventiquattrenne nel voler essere felice trovando a tutti i costi un fidanzato. Da entrambe le opere sono stati tratti due drama, ossia dei serial televisivi con attori in carne e ossa, che non sono i primi né gli ultimi di una lunga lista.
Sessant’anni di shoujo manga e non sentirli, perché la voglia di crescere, di esplorare nuovi confini, c’è ed è ancora tanta. Il futuro è tutto da scoprire: non resta che stare a guardare, con una punta di invidia, cosa s’inventa la donna (creativa) nella terra del Sol Levante.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Maria Teresa Orsi, Storia del fumetto giapponese, I vol, Musa Edizioni.
Mario Rumor, Come bambole – Il fumetto giapponese per ragazze, Tunué.
Veruska Sabucco, Shonen Ai – Immaginari erotici tra Oriente e Occidente, Castelvecchi.
SITOGRAFIA ESSENZIALE
Matt Thorn (in inglese) www.matt-thorn.com
Drama Italian Fan Club (in italiano) www.drama-italiancafe.net
9 Readers Commented
Join discussionIo leggo manga da molto tempo, diveri tipi e diverse casa editrice, hanno in comune la distribuzione che molte volte e troppo lenta, di conseguenza guasta il piacere della lettura.
A volte è la distribuzione, a volte è la serializzazione che è lenta, come in questo caso, per cause di forza maggiore. Personalmente, però, non ho mai avuto problemi ad aspettare 🙂
Aspettare è lunga quando tra un volume e l’altro può passare più di un anno.
Io personalmente non ho problemi ad aspettare, quando ho un prodotto di livello così alto come con “Cesare”.
Io invece detesto aspettare, alcune serie l’ho iniziate da anni, e son anni che non vedo nuovi volumi. Le case editrici che mi fan disperare sono Ronin Manga, Kappa Edizioni, JPop e Magic Press; mentre la serie più vecchia che seguo dalla prima stampa, di cui forse presto terminerà e Vampire Knight. Cesare l’ho leggo, ma ogni volta che c’è un nuovo volume devo rileggere tutto dal primo volume per ricordarmi qualcosa.
Capisco il dispiacere dell’attesa, ma non si può fare di tutta l’erba un fascio… se “Cesare” esce una o due volte all’anno non è per pigrizia dell’autore o della casa editrice, ma perché l’autrice lo sta realizzando tuttora: la pubblicazione italiana procede di pari passo con quella giapponese, non si può fare di più neanche volendo. Sta al lettore chiedersi se può supportare una serializzazione di questo tipo oppure no. Altri ritardi di altre uscite possono avere i motivi più vari: perché la casa editrice ha problemi di distribuzione o perché il titolo è interrotto anche in Giappone… ma di sicuro le motivazioni sono varie, così come varie sono le situazioni e i titoli presi in esame.
Credo di essere la lettrice di Manga più sfortunata al mondo visto che le mie due serie preferite hanno una serializzazione lentissima e parlo di Berserk di Kentaro Miura e Glass no kamen (la maschera di vetro) della Miuchi (iniziata nel 1976 giusto per dire). Nel momento in cui acquisto o inizio una serie, questi sono fattori che prendo sempre in considerazione. Se una serie in Giappone è interrotta (come spesso avviene per molti dei progetti delle Clamp) o è in corso (e capita che la pubblichino in Italia dopo appena 4 volumi) ci rifletto molto anche perchè, per fortunta, molti volumi si possono anche recuperare in un secondo tempo. C’è però da dire che l’attesa fa parte del gioco. Io amo rileggere e accumulare più volumi prima di leggerli e aspettare lo prendo come un dato di fatto. Alla fine della fiera se non si vuole aspettare sarebbe meglio acquistare delle serie che in madrepatria sono già concluse. A quel punto ci si può irritare se non vengono portate a termine in Italia. Come dice Emilia, molte sono le motivazioni alla base di una serializzazione lenta.
Una persona può essere paziente, ma quando esce il nuovo numero, e non riesci a trovarlo perchè come Cesare, non lo trovi nelle edicole, se nei paraggi non c’è una fumetteria, ti rimane Internet. Molte volte ho messo il volume nel carello, ma al momento dell’acquisto era già terminato. Io acquirente non solo devo attendere, poi inizia la caccia, perchè molte volte iniziamo in edicola, ci piace la storia e poi la spostano solo nelle fumetterie o online, un fatto molto irritante.
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