Si dice che la forcella in mano a una donna mandi vibrazioni ingannevoli perché lo strumento vuole essere dominato soltanto da maschi e si rifiuta di ubbidire a una femmina. La ragazza in nero pensa che le regole le facciano gli uomini e se ne infischia. Prosegue così nel percorso indicato dalla punta oscillante della forcella, a sinistra.
Pietra è il mio nome è un romanzo storico di incredibile fascino, con una protagonista indimenticabile, unica. Siamo a Genova nel 1601, la Genova dei dogi, la Repubblica Marinara, la Superba. Siamo in un simbolico periodo dell’anno, il Carnevale, un periodo in cui chiunque può indossare una maschera e diventare qualcun altro. Pietra ha indossato per tutta la sua vita la maschera da rabdomante e tutti l’hanno sempre cercata per trovare oggetti, animali, persone perdute, per scoprire traffici e colpevoli. In realtà, il sesto senso di Pietra non è legato alla forcella da rabdomante, ma alla sua vivacissima intelligenza, che la fa osservare, ragionare e arrivare alla soluzione di ogni mistero prima di qualsiasi strumento.
«È più facile credere a un pezzo di legno o a un osso di balena che all’intuito di una donna. A pensarci bene, la forcella un potere ce l’ha: fino a ora ci ha dato da mangiare e protetto da guai peggiori».
In realtà, pur credendola un essere del demonio, tutti si servono dei suoi uffici, persino il segretario del vescovo, salvo poi maltrattarla a problema risolto, con la stizza di chi è dovuto ricorrere suo malgrado a un aiuto sconveniente. Pietra è abituata a non essere mai ringraziata e a essere pagata di malavoglia, fa tutto parte della sua maschera. Una maschera al di sotto della quale si cela una donna dura come pietra (“Pietra è il mio nome”, quasi a dire: “Sono pietra di nome e di fatto”), che spaventerebbe ancora di più chi le sta davanti se dovesse mostrarsi per quel che è. Perché gli uomini rifuggono da quel che non comprendono, e l’intelligenza acuta di quella donna, due volte orfana, piccola, misteriosa, dall’aria indifesa, sembra essere un dono del demonio.
Che un’orfana lasciasse il convento per essere adottata non era cosa di tutti i giorni, quindi suor Anna, la madre superiora, non aveva detto nulla dei poteri di cui – ne era certa – era dotata la piccola. La superstizione ha molti devoti e non tutti vogliono avere a che fare con pratiche che sanno di malia di demonio, si era detta la suora.
Ma, nel corso di quel Carnevale 1601, in cui la Morte passeggia per strada accanto ai genovesi, qualcuno vuole incolpare Pietra di una serie di omicidi cruenti, lasciando la forcella da rabdomante accanto alle vittime. Si tratta di un’accusa o di un avvertimento? Pietra comincia a temere per la sua vita non appena si accorge del legame che c’è tra le vittime e comincia a usare le sue grandi doti deduttive per risolvere l’enigma e scongiurare la morte. Riuscirà a farlo in tempo per salvarsi?
Lo stile di Beccati è scorrevole, malgrado il linguaggio ricercato, quasi antico, un’aderenza storica nelle espressioni, oltre che nelle azioni dei personaggi. La storia è raccontata al presente, per passare al passato nei flashback, che servono a tratteggiare la protagonista prima e a ricercare le vittime e gli indiziati poi. Al racconto ‘genovese’ si frappone quello del viaggio su una galea, con una ricostruzione storica dettagliatissima, di cui scopriremo la funzione nella storia solo alle ultime battute del libro.
Il mystery non è eccessivamente complesso, ma passa in secondo piano rispetto a un personaggio affascinante come Pietra, che fa connessioni, deduzioni e argomentazioni con una logica spiazzante per quanto rende tutto ‘elementare’.
Autore: Lorenzo Beccati
Titolo: Pietra è il mio nome
Casa editrice: Nord
Pagine: 320
Prezzo: € 14,90 rilegato; € 9,90 e-book
Data pubblicazione: 9 gennaio 2014