Ci troviamo nell’Era della Normalità Assoluta in quella che potrebbe essere una futura Germania o forse una qualsiasi nazione di fantasia (ma non lo fate sapere in giro che esiste questa parola). La popolazione si divide in Normali, Freak e Fate, ma quest’ultima parola è impronunciabile, peggio di una parolaccia o una bestemmia, come neanche Voldemort nel mondo di Harry Potter.
Juliane Rettemi, Juli, credeva di essere una Normale quindicenne fino alla separazione dei suoi genitori. Ma quel peculiare affidamento congiunto della prole avrebbe dovuto darle da pensare; invece lei trova plausibile che i figli – oltre a lei ci sono due gemelli di sette anni, Jaro e Kassie – restino nella stessa casa e siano i genitori ad alternarsi settimanalmente nella cura dei ragazzi. Tra l’altro, il padre, da quando si è separato dalla moglie, sembra nutrire un attaccamento morboso per le due figlie femmine, anche se non ha mai – si spera – superato il confine innominabile dell’incesto.
Poi, all’improvviso, la madre di Juli scompare e nessuno sembra curarsene; anzi, Rudolf sembra gongolare per essersi liberato della presenza scomoda della ex-moglie, avendo a disposizione i figli tutti per sé. Anche la polizia sembra considerare la scomparsa di Laura Rettemi poco importante se non, addirittura, una liberazione. Juli non riesce a spiegarsene il motivo finché il padre non le rivela che Laura è una Fata! Juli sa che non può dire in giro di essere una figlia di Fata: tra i Normali dare un appellativo simile equivale a un’offesa gravissima. E neanche può andare in giro a fare domande: l’argomento “fate” è un tabù ed è impossibile che Juli riesca a scoprire qualcosa di più sulle sue origini.
Una Fata. Una delle peggiori offese nella Società dell Normalità Assoluta, di quelle che si usano per spaventare i bambini: «Metti subito a posto la camera e finisci la crema di zucchine, altrimenti stanotte viene una Fata e ti porta via».
Ma, stranamente, proprio nello stesso periodo, nel suo prestigiosissimo e costosissimo liceo privato arriva una ragazza molto bizzarra, con un tatuaggio a forma di serpente sulla testa, Ksü, e Juli è costretta, suo malgrado, a diventare la sua affiancatrice. Pian piano, tra le due ragazze nasce un’amicizia perché Ksü è l’unica persona disposta ad aiutarla, con l’ausilio di suo fratello più grande, Ivan, uno studente di legge all’università. Ksü riesce a entrare col computer in siti che sono proibiti agli altri ragazzi e, soprattutto, ha molti meno pregiudizi di tutte le persone che Juli conosce. Con lei non è un’eresia pronunciare la parola “fata” e la ragazza sa cose sulla società in cui vivono che gli altri ragazzi non conoscono o per disinteresse o per aver creduto ciecamente a tutto ciò che i governanti vogliono far credere loro.
Outcast di Alina Bronsky, pubblicato da Corbaccio ad aprile 2014, è una via di mezzo tra il fantasy e il distopico, una contaminazione nata forse per cavare qualcosa di originale da due generi ormai fin troppo sfruttati. Purtroppo, però, l’esperimento della Bronsky non convince affatto, perché, se anche la società della Normalità Assoluta potrebbe dare numerosi spunti per parlare di discriminazioni genetiche e razziali, nel primo volume la protagonista inizia a malapena a rendersi conto della sua diversità per cercare di ribellarsi al sistema. Sì, c’è un piccolo tentativo, ma sembra poco convinto.
Inoltre, Juli non sembra affatto perspicace. L’autrice potrebbe giustificarsi parlando di uno strenuo attaccamento della ragazza alla società della Normalità, che per un quindicenne diventa doppiamente importante. Tuttavia è bizzarro che Juli, per tutto l’anno in cui i suoi genitori sono stati separati e si sono presi cura dei figli a settimane alterne, non si sia mai chiesta dove andasse la madre nelle settimane in cui la tutela era affidata al padre. I suoi fratelli di sette anni sembrano essere molto più svegli di lei. E come mai non si è mai chiesta cosa siano le cicatrici simmetriche che si ritrova sulle scapole?
E ancora, malgrado sia la narratrice della storia, la ragazzina appare sempre fredda, distaccata, e gli eventi non sembrano accadere a lei, ma a un’altra persona. Forse è anche accettabile che nella società della Normalità Assoluta i ragazzini non debbano fare scenate e capricci, ma nella confidenza del racconto Juli avrebbe potuto manifestare la disperazione che dovrebbe provare una quindicenne quando si ritrova senza madre, no?
Molti elementi rimangono in sospeso in attesa dei nuovi episodi della serie, domande le cui risposte potrebbero forse farci riconciliare con un inizio che lascia perplessi. Sperando che la Bronsky non voglia infilarci con la forza una storia d’amore (con Ivan?) che, al momento, sembra altamente improbabile.
Autore: Alina Bronsky
Titolo: Outcast
Traduzione di Leonella Basiglini
Titolo originale: Spiegelkind
Casa editrice: Corbaccio
Pagine: 288
Prezzo: € 16,40 cartonato; € 9,99 ebook
Data pubblicazione: 24 aprile 2014