Rcs Mediagroup, editore del Corriere della Sera, con una nota del CDA che si è tenuto venerdì 6 marzo, ha espresso parere positivo per un’eventuale cessione di Rcs Libri a Mondadori, proponendo alla stessa un periodo di esclusiva sino al 29 maggio 2015 per “l’acquisizione della quota in Rcs Libri e per approfondire termini e condizioni dell’operazione”.
Rcs versa da tempo in notevoli difficoltà economiche, cosa che ha indotto l’amministratore delegato Pietro Scott Javone a istituire un piano di risparmio per evitare la bancarotta: tagli di stipendi, licenziamenti, chiusura di testate periodiche e addirittura la vendita della storica sede di via Solferino del Corriere della Sera. L’eventuale accordo tra i due noti marchi, che porterebbe alla creazione di un super soggetto editoriale con la detenzione sul mercato di una quota pari al 40%, non è stato esente da polemiche.
Il ministro della cultura Dario Franceschini ha espresso la sua preoccupazione riguardo una situazione che condurrebbe a un’industria libraria di stampo oligopolistico, con al centro un’unica azienda che controlla più della metà del settore e che alla lunga produrrebbe la frammentazione se non l’estinzione delle piccole e medie case editrici. Alcuni autori, capeggiati dal celeberrimo Umberto Eco, hanno sottoscritto una rimostranza, insieme ad altri 44 scrittori del gruppo Rcs, contro la realizzazione di tale fusione. In particolare modo, Eco, in un intervento su Repubblica, ha chiarito le ragioni alla base di tale opposizione: “Un gruppo talmente potente è una minaccia per la libertà di espressione. In termini di libero mercato è vero che spesso le concentrazioni sono economicamente inevitabili, ma il sistema rimane sano quando si attua una concentrazione diversa. Ma quando esiste un gruppo più potente di altri è la libera concorrenza che entra in crisi”.
Appelli a parte e dati di fatto alla mano, è pur vero che l’oligopolio di cui si discute, inneggiato a baluardo contro la concretizzazione della fusione, rappresenta una realtà acquisita nell’editoria italiana. Mondadori, Rcs Libri, il gruppo Mauri Spagnoli, Feltrinelli e Giunti gestiscono il 63% del settore editoriale, mentre il restante 37% è diviso tra piccoli editori, costretti a enormi sacrifici economici per ottenere visibilità nelle librerie italiane. Tempo addietro, le case editrici meno conosciute hanno mosso svariate istanze contro tale struttura, segnalando i pericoli insiti nella concentrazione dei poteri: il venir meno della biblio-diversità e lo scadimento della qualità dei testi pubblicati. “In un mercato del libro ridotto, come quello italiano, di fronte alla contrazione delle vendite a cui assistiamo da tre anni, a essere minacciata è la solidità economica delle case editrici e di conseguenza la possibilità di investire prima di tutto sugli autori che sono il vero patrimonio”, continua il ministro Franceschini.
Mentre i due leader del mercato librario si avvicinano a un’intesa, è intervenuta la decisione dell’Ispettorato del lavoro volta a sanare la condizione di alcuni redattori precari, grazie all’applicazione dei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, previste dal Jobs Act. Il dipartimento del Ministero del lavoro svolgeva, da circa un anno e mezzo, degli accertamenti riguardanti l’assunzione, tramite forme di contratti flessibili, di figure professionali presenti all’interno di grandi gruppi editoriali, come appunto Rcs e Mondadori. Il risultato dell’indagine svolta ha evidenziato che l’utilizzo di tali figure determina un abuso ai limiti dell’illegalità. Per tale motivo l’Ispettorato ha imposto sia a Rcs che a Mondadori di trasformare i contratti che rientrano in questa sfera in contratti a tempo indeterminato. I redattori precari, pur svolgendo mansioni specifiche all’interno della redazione, erano stati inquadrati come co.co.pro., rientrando nella definizione di “falsi autonomi”. Francesco Aufieri, responsabile della S.l.c. Cgil, insieme alla rete Redattori Precari (Rerepre), promotori dell’inchiesta svolta, ha così commentato il risultato ottenuto: “È il riconoscimento che avevamo ragione, i lavoratori precari svolgevano mansioni da dipendenti a tutti gli effetti, e andavano trattati da dipendenti”.
Se Rcs si è impegnata a convertire i contratti in questione a partire dal prossimo luglio, dal canto suo Mondadori ha presentato ricorso contro tale verdetto, rifiutando il dialogo con Cgil. Rimane da evidenziare che, considerate le premesse, l’eventuale fusione tra i due marchi potrebbe vanificare l’operato dell’Ispettorato del lavoro e di Rerepre, realtà quest’ultima, grazie alla quale il mondo invisibile del precariato ha trovato una voce.
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