Pubblicato per la prima volta in Italia, il romanzo avventuroso di James De Mille conduce il lettore in terre ai confini del mondo e della realtà.
Per chi è stato in giovinezza un abituale frequentatore di libri di avventura e fantascienza, la lettura di Lo strano manoscritto trovato in un cilindro di rame riapre la mente alla vastità di esperienze che si possono vivere seguendo la scrittura e la narrazione di mondi e uomini incredibili, dato che l’autore racconta storie di mondi sconosciuti e del tutto estranei al nostro comune sentire.
Sono quattro amici, fermi sulla loro imbarcazione tra le Canarie e Madeira a causa della bonaccia, a trovare per caso un cilindro di rame in cui è avvolto un rotolo, che somiglia al papiro, in cui è scritta la storia di un’avventura ai limiti della realtà. Il rotolo è accompagnato da un altro più piccolo in cui il protagonista chiede all’eventuale e casuale lettore di informare suo padre di quanto gli è accaduto. E inizia la lettura, che i quattro amici eseguono a turno, interrompendola soltanto per le necessità di sopravvivenza nella bonaccia delle Canarie.
1843, vale a dire sette anni prima del ritrovamento del manoscritto: Adam More, imbarcato su una nave noleggiata dal governo britannico per trasportare i condannati, è alla deriva nell’Oceano Antartico, condannato presto al naufragio, insieme al compagno Agnew, a causa della loro insana determinazione a procurare cibo per l’equipaggio. Prima che Adam perda il suo compagno di sventura in una maniera atroce, i due lottano contro mare e fuoco di un luogo che fanno fatica a identificare. Dopo aver incontrato vulcani e terre desolate, cannibali e belve, Adam si ritrova in un punto dell’oceano che somiglia a un paradiso. La nuova terra gli riserva un’esperienza incredibile all’orecchio e all’occhio umani, anche se sarà l’ultima della sua vita.
Esseri umani soltanto un po’ strani, con occhi semichiusi come a ripararsi dalla luce, lo accolgono con una gentilezza immensa e quasi non umana, rendendolo oggetto di un ossequioso rispetto che Adam non riesce a spiegarsi. Si tratta di una popolazione che presto si rivelerà lontana dal modo di pensare che lui ha conosciuto, addirittura opposta, un po’ come la nostra società ma rovesciata nei valori.
Non sopportano la luce, amano il buio, desiderano la morte, disprezzano la ricchezza, nel punto più alto della loro scala sociale sono persone poverissime e sporche e mal vestite, il potere è la peggiore delle sorti.
Adam non è il solo a provenire da un altro tipo di società, lì c’è Almah, straniera anche lei, che diventa l’unica consolazione per il nostro naufrago. Il loro amore, bene accolto da tutti, sarà forse la loro salvezza. Imparando con facilità la loro lingua e avendo un dialogo privilegiato con la fanciulla, Adam viene a conoscenza della particolarità di questa gente, e man mano che conosce la loro organizzazione sociale e economica cresce la sua ansia e la consapevolezza che mai più tornerà nella sua terra.
La storia è arricchita dalla descrizione di combattimenti agghiaccianti con mostri sconosciuti e cerimonie inenarrabili, da considerazioni sulla natura umana e sul confronto tra quella civiltà e la nostra.
Fa da contrappunto alla narrazione fantastica l’interludio dei commenti dei quattro amici che leggono il manoscritto in attesa che passi la bonaccia. Per quanto risulta pesante e grave l’atmosfera che si manifesta nel racconto di More, tanto più gradevole è l’accento ironico dei quattro amici, il loro discettare sull’identità della terra e del popolo di cui si parla nel manoscritto, dei mostri a cui cercano di trovare uno similare nella realtà di epoche passate ma pur sempre note. E se qualcuno di loro rimane affascinato da quelle narrazioni, c’è anche chi rimane scettico sulla verità di quell’avventura. In fondo il ruolo dei quattro amici è esattamente quello di noi lettori e l’autore è stato bravo a prevedere, come si conviene in un romanzo d’avventura o di fantascienza classico, reazioni ed emozioni, a rappresentare nel corpo stesso del romanzo ciò che avrebbe provato e commentato il lettore futuro.
Lo strano manoscritto trovato in un cilindro di rame è un bel romanzo d’avventura, con un unico neo che appartiene al genere, la retorica della condanna della vanità umana, della relatività dei valori, retorica che risulta però in tono basso perché fatta oggetto di ironia e sarcasmo. Dispiace, invece, che il semi lieto fine non venga commentato dai lettori bloccati tra le Canarie e Madeira…
Autore: James De Mille
Titolo: Lo strano manoscritto trovato in un cilindro di rame
Titolo originale: A strange Manuscript Found in a Copper Cylinder
Traduzione di Pietro Polidori
Casa Editrice: Marcos y Marcos
Collana: Gli Alianti
Pagine: 232
Prezzo: € 18,00
Anno pubblicazione:2015