L’ispettore Nachum, della polizia di Tel Aviv, è un vecchio cane che non può imparare trucchi nuovi. Lui è uno di quelli di vecchio stampo, che lavorano di pancia, intuito e che stanno dietro al loro uomo senza mai mollare la presa. Più che un vecchio cane, un mastino.

Ma le cose cambiano, così come i tempi. La polizia di Tel Aviv è entrata nel nuovo secolo fatto di statistiche, percentuali d’arresti e casi chiusi in fretta, perché il contribuente sta a guardare e pretende risultati rapidi che non pesino sul budget. Quando a Nachum viene affidato un caso di brutale stupro, la pressione dalle alte sfere è tale, che l’ispettore infrange tutte le regole per ottenere una confessione dal sospettato numero uno e un’identificazione dalla ragazza stuprata. Pressione su pressione, schiacciati da questo peso insostenibile, tutti gli attori di questa tragedia commettono errori gravissimi, che si ripercuoteranno sull’indagine.

Nachum, il vecchio mastino, è un uomo con un suo codice morale in un mondo che cambia e che delle sensazioni di pancia non sa che farsene. Ci vogliono fatti, e soprattutto procedure inattaccabili in tribunale, altrimenti salta tutto. Siamo nell’epoca di CSI e non di Marlowe. Quest’uomo di granito, inamovibile è pronto a schiacciare Ziv Nevo, il sospettato di stupro oltre ogni ragionevole dubbio, con un interrogatorio degno dei più duri film noir. Ma Ziv Nevo è colpevole? Davvero?

Per buona parte del libro ce lo chiederemo anche noi, studiando la sua reticenza sospetta, il suo sguardo basso e colpevole, le sue cattive scelte. Da un caso di stupro si allungano però tentacoli oscuri ancor più inquietanti, che affondano in qualcosa di molto peggiore.

L’interrogatorio è un thriller di ottima costruzione, in cui tutti gli attori sono tridimensionali e convincenti. Dal giornalista galoppino un po’ fallito, al suo editore sopra le righe ma con un ruolo interessante nel meccanismo della storia, alla donna pubblico ministero costantemente in lotta contro la malavita israeliana. Ognuno di loro è ben disegnato, completo, accattivante nella sua imperfezione. Facile affezionarsi a dei personaggi così vivi.

Le vicenda si snoda attraverso i punti di vista dei vari personaggi: vediamo il sospettato con gli occhi del poliziotto, e vediamo il poliziotto un po’ torturatore con lo sguardo terrorizzato del sospettato che difende la propria innocenza ed il proprio terribile segreto. Vediamo dall’interno i dubbi del pubblico ministero, il suo contrattare una pena con piglio da bazaar mediorientale, ci immedesimiamo nella moglie del sospettato, nella sua rabbia e nella sua disperazione.

Una storia narrata da molte angolazioni diverse (Nachum, il giornalista, gli avvocati, il presunto stupratore, la vittima), che potrebbe essere ambientata in una qualsiasi grande città. Le uniche concessioni all’ambientazione Israeliana sono l’irraggiungibilità di un difensore per lo shabbat, l’esperienza comune a tutti del servizio militare e un breve excursus nei Territori Palestinesi, una specie di Terra di Nessuno anche per i criminali israeliani. Un libro nel complesso buono, che si fa fatica a smettere di leggere, coinvolgente e con pochi elementi superflui.

Autore: Liad Shoham
Titolo: L’interrogatorio
Traduzione dall’Ebraico di Ofra Bannet e Raffaella Scardi
Casa editrice: Giano
Pagine: 350 pagine
Prezzo: € 15,90 (brossura)
Data pubblicazione: 29 settembre 2013

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