Quando Genevieve e Anastasie, figlie acquisite di un conte, si avviarono a cercare la loro sorellastra Christelle, figlia naturale del loro patrigno, non avrebbero potuto certo immaginare quello cui avrebbero assistito. La ragazza, pallida e bionda, la trovarono in un campo di zucche, in autunno. Christelle aveva svuotato una zucca, all’interno della quale muoveva un topo; si era quindi rivolta alla più grande delle sue sorellastre, Genevieve. Le aveva accennato al triste destino che aspettava il conte suo padre, proponendole di collaborare con lei, affinché ciò che doveva succedere accadesse più rapidamente… bastava diventare una seguace della madre naturale di Christelle, morta sul rogo tempo prima. Genevieve non capì molto di quello che le veniva proposto, ma per istinto rifiutò. Allora Christelle, con lo spillone che portava tra i capelli, uccise il topo nella zucca, riducendolo in cenere.

coverQuesto è l’incipit della visione horror della fiaba di Cenerentola di Laura MacLem, edita nel 2013 da Asengard col titolo L’incanto di cenere. Cenerentola in questo libro non nutre sogni ma incubi, non è l’umile serva dolce, buona e paziente, ma è Christelle, la figlia di una strega bruciata sul rogo e, come tale, intenta a mettere in opera piani demoniaci; Genevieve e Anastasie non sono le crudeli sorellastre, bensì le ordinarie figlie di nobili caduti in disgrazia. Genevieve è, a conti fatti, la vera protagonista e la narrazione segue il suo punto di vista. Entriamo quindi con le punte dei suoi piedi in un mondo che sa di Settecento francese, di un’età dei Lumi che proietta ombre profonde, dove inquietanti presagi diventano sinistri segnali di morte, maledizione e magia nera. La madre di Christelle ha affidato alla figlia la missione di portare nel mondo il potere di un Maligno che ha volto femminile e a questo compito ella si attiene, spaventando a morte le sue sorelle, dando prova di poteri sovrannaturali e incontrastabili, nella scena clou, per esempio, del gran ballo, in cui Christelle/Cenerentola avanza col passo di Carrie – Lo sguardo di Satana, spargendo fiumi di sangue e di orrore. Interessante la figura della madrina di Christelle, la quale, rovesciando la funzione della benefica fata madrina, pare alludere a un principio “femminile” del male, un’eredità matrilineare che affonda lontano, nella memoria e nella Storia, senza però assumere coordinate spaziotemporali precise; sembra qui risuonare un’eco di ciò cui alludeva M. Z. Bradley nei suoi romanzi (“Sotto il noce non cresceva nulla, né muschio né il più minuscolo stelo d’erba, e nessun uccello avrebbe mai fatto il nido tra i suoi rami”, p. 94).

La narrazione è inizialmente faticosa e un po’ debole: troppo insistito il richiamo alla cenere; i personaggi, ispirati a quelli della fiaba, non mancano di soffrire di bidimensionalità manichea, cosa in un certo senso inevitabile, data la loro origine. Man mano che si prosegue con la lettura, però, la narrazione cresce a tratti in convinzione e intensità, fino a toccare un epilogo bellissimo quanto inaspettato. L’ultimo capitolo, infatti, spiega come gli eventi rosso sangue narrati nel libro siano stati, nella proiezione collettiva, trasformati e trasfigurati nella fiaba che tutti conosciamo. Un capitolo che fa quasi storia a sé e, per grazia descrittiva e invenzione narrativa, merita da solo l’acquisto del libro. Che risulta consigliato a chi apprezza gli archetipi rivisitati, ma soprattutto agli estimatori dell’horror, del gotico e del grottesco.

the author

Nata a Cosenza, vive tra Roma e Bologna. Collabora dagli anni Novanta a fanzine e prozine sui fumetti, sceneggia l’albo "Korea 2145", disegnato da Enzo Troiano, vincendo nel 2005 il premio Carlo Boscarato, categoria miglior esordio. Scrive di Tezuka Osamu per www.osamushi.it e cogestisce il sito Shoujo Manga Outline (www.shoujo-manga.net). Insegna nei licei e collabora come sceneggiatrice per Kleiner Flug. Diversi suoi racconti sono raccolti in antologie (Delos Books, Alcheringa, Plesio). Ciò che fa e non le basta mai: viaggiare, scrivere, stupirsi.

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