Prosegue con quest’ultimo giallo di Anne Holt la serie che ha come protagonista l’ispettore di polizia Hanne Wilhelmsen, iniziata nel 1993 con La dea cieca.

La scrittrice norvegese ci dà ancora una volta un bel giallo che fa dimenticare il suo genere nel corso della lettura,  per gli spunti e le storie raccontate, un libro in cui l’autrice non punta la sua attenzione sull’omicidio che diventa solo un pretesto, come spesso nei suoi libri, per  scrivere, invece, un romanzo dove tutti i personaggi hanno la loro bella storia da farci sentire. Riesce, Anne Holt, a tenerci  sempre sulle sue pagine, non semplicemente arricchendo l’avventura investigativa con approfondimenti di altri personaggi, ma dedicando a essi tutto lo spazio sufficiente a fare di uno tanti romanzi.

Che strano che la vittima sia stata trovata proprio sulle scale posteriori  del comando di polizia di Oslo. Che strano che le armi del delitto siano due, sebbene una sola quella letale, come se l’assassino non abbia voluto rischiare di fallire… oppure no, forse la quantità di Paracet trovata nel suo corpo non è stata opera del medesimo assassino. Ma ciò che appare più strano è che tutti i testimoni sembrano non dire nulla, nulla di interessante almeno. Tutti conoscevano il più famoso chef del mondo Brede Ziegler e la sua cucina, tutti ne ammiravano le qualità, pur considerandolo persona poco amabile. Nessun testimone riesce a smuovere dunque lo stato delle indagini, almeno fino a quando torna a Oslo Hanne Wilhelmsen, l’ispettore capo improvvisamente allontanatasi dalla città qualche mese prima, subito dopo la morte della sua compagna, lasciando nello stupore e rabbia tutti, soprattutto il collega ispettore Billy T., che al suo ritorno si chiude nel mutismo per il rancore accumulato. E già… perché, come dice la politiadvokat Skar,

Tutti perdono la testa per Hanne Wilhelmsen, tutti se ne innamorano un po’.

Il suo arrivo al comando, nel mezzo delle ricerche dell’assassino del cuoco, consente di dare una svolta alle indagini. Hanne è acuta, sensibile, determinata, logica, e riprende piano, ma con fermezza, le redini di una situazione che era sfuggita di mano a tutti.

Le indagini si dipanano lungo il racconto delle storie dei vari personaggi. Di Hanne Wilhelmsen, sconvolta dalla perdita della sua compagna e chiusa nella solitudine della sua personalità;  di Billy T., deluso da Hanne e dal suo vile passato;  della vittima, ambizioso potente che ama l’Italia, di sua moglie, del suo socio, del suo rivale in affari, che forse voleva la sua vendetta;  del piccolo Thomas e del suo gattino ucciso dalla vecchia strega del piano di sotto, si fa chiamare Pugno Chiuso e anche lei è tra gli indagati maggiori; di Daniel, di cui per buona parte del libro si viene a conoscere la storia senza sapere il suo ruolo nell’intreccio delle piste e dei personaggi; di Idun Franck, redattrice della Casa Editrice che sta per pubblicare un libro su Ziegler e le sue ricette.  Queste storie si alternano con un’efficacia di scrittura che ci lascia ammirati. Anne Holt riesce a sviluppare le loro storie senza nulla togliere alla suspense del giallo, ma lasciandolo tuttavia in sottofondo, appunto come un pretesto. Questa è arte. Questo è un ritmo narrativo vincente. Questo significa saper scrivere e narrare al di là e al di sopra dei generi letterari, cavalcandoli e scavalcandoli con disinvoltura e significato.

La Holt, non a caso, è stata definita come l’innovatrice della tradizione che va da P.D.James a P. Cornwell.  L’innovazione va colta, credo, nel mantenere le linee del genere giallo classico, in cui vi è una vittima e molti indagati anziché un serial killer e pochi sospettati, in cui la vita quotidiana dei personaggi diventa la chiave di volta della storia e dell’indagine, all’interno di una narrazione da thriller, quella cioè che fa rabbrividire il lettore al comparire di un dettaglio insignificante all’apparenza.

C’è anche dell’altro ne La ricetta dell’assassino. Pur nel freddo prenatalizio di una Oslo gelata e poco propensa a rapporti umani calorosi, l’autrice tratteggia, senza indulgere a sentimentalismi che non appartengono alle culture del nord, ritratti di una umanità insolita, triste e solitaria, per dirla con  Soriano. La protagonista ispettore capo Wilhelmsen possiede l’empatia necessaria per far emergere l’aspetto intimo dalle esperienze dei personaggi incontrati nel corso delle sue indagini. Attraverso questo personaggio femminile, l’autrice, che pure ha dichiarato di non identificarsi con la sua eroina, ci offre la bellezza di certe storie comuni che in tanta letteratura di genere rimangono assolutamente marginali  e poco incisive. Qui no, qui la vagabonda prostituta non più giovane, zoppa, è quella che riesce a far sentire Hanne, forse per la prima volta, felice che sia Natale.

Alla fine del romanzo, dispiace staccarsi dai personaggi che Anne Holt ci racconta.

Autore: Anne Holt
Titolo: La ricetta dell’assassino
Titolo originale: Uten ekko
Traduttore: Margherita Podestà Heir
Edizione: Einaudi 2013
Collana: Stile libero Big
Pagine: 448
Prezzo: € 19,50

the author

Docente di Lingue Straniere nella scuola superiore, si dedica da diversi anni a collaborazioni editoriali e giornalistiche; svolge saltuariamente l’attività di traduttrice. Vorrebbe che fosse il contrario, che cioè le costanti e le variabili dei suoi impegni fossero invertite, senza nulla togliere a quanto le consente di vivere continuando ad amare e comprare libri. Intende rimanere nella redazione finché i suoi alunni lo consentono.

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