Puntuale come la primavera, sbarca in Italia il nuovo nato in casa Amélie Nothomb: dopo due romanzi di invenzione che rivisitavano con feroce delicatezza atavici archetipi di crudeltà (Uccidere il padre e Barbablù), ecco che l’autrice belga ritorna sul filone autobiografico (e autocelebrativo) che l’ha resa famosa.

In La nostalgia felice ritroviamo il Giappone, grande e controverso amore per l’autrice, che vi è nata e vi ha passato alcuni anni della giovinezza, nonché pittoresco sfondo che tanta risonanza ha dato a sue precedenti pubblicazioni come Metafisica dei tubi (storia della sua primissima infanzia a Kobe), Stupore e tremori (racconto allucinato di un anno di schiavitù lavorativa in una multinazionale giapponese), Né di Adamo né di Eva (celebrazione del suo amore per il paese del Sol Levante e storia del due di picche affibbiato al fidanzato giapponese di gioventù).

nostalgia-feliceUn reportage finanziato da France 5 è il pretesto per un viaggio a ritroso nel passato giapponese dell’autrice: una telecamera impietosa documenterà le emozioni di Amélie nel corso del progressivo ritrovarsi nei suoi luoghi dell’anima, in una dimensione che si colloca a metà tra un “Truman Show” consapevole e un “vlog” su Youtube.

Autobiografia e autocelebrazione trovano in questo romanzo la loro più forte espressione e il tono sommesso, quasi reverenziale, ci fa comprendere che è proprio Amélie la più grande vittima di se stessa e del suo delicato narcisismo: Amélie che dice al telefono “sono una scrittrice famosa” perché la sua padronanza del giapponese vacilla e non sa come smorzare il messaggio, Amélie imbarazzata-ma-non-troppo che scoppia in lacrime tra le braccia della sua tata Nishio-san, Amélie turbata dinanzi alle macerie di Fukushima, Amélie euforica nella folla oceanica di Shibuya, confusa faccia a faccia con l’ex fidanzato, solenne a Kyoto e commossa sull’aereo di ritorno, in contemplazione dell’Himalaya.

Un romanzo voyeurista, che darà a chi ve la cercherà la spettacolarizzazione esagerata dell’io che è propria dei nostri tempi, e poi esotismo ai patiti del Giappone, motivi di critica per quelli che “il Giappone va forte, facile raccogliere consensi dicendoci che il Giappone è bello, indicibile, inafferrabile”. Sarà, ma qualcuno deve pur farlo; e Amélie Nothomb sa esattamente quali corde toccare per far vibrare di comprensione il lettore. Anche chi il Giappone non lo ha mai visto e lo vede oggi come per la prima volta, come luogo della sua nostalgia felice, tempio di stupore e tremori mai sopiti.

Per tradurre quanto abbia nostalgia dei miei anni di gioventù nel Kansai, sento l’interprete utilizzare il termine nostalgic invece dell’aggettivo natsukashii, che considero una delle parole emblematiche del Giappone. «Natsukashii definisce la nostalgia felice», risponde, «l’istante in cui la memoria rievoca un bel ricordo che la riempie di dolcezza. I suoi lineamenti e la sua voce esprimevano dispiacere, perciò si trattava di una nostalgia triste, che non è una nozione giapponese.»

Autore: Amélie Nothomb
Titolo: La nostalgia felice
Titolo originale: La nostalgie heureuse
Traduzione di Monica Capuani
Editore: Voland
Pagine: 120
Prezzo: € 14,00
Data di pubblicazione: 20 febbraio 2014

2 Readers Commented

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  1. sandra on 28 Marzo 2014

    Ho molto amato La metafisica dei tubi, letto recentemente. Trovo sempre curioso quando in una lingua esiste un vocabolo non traducibile con un’unica parola, come questa nostalgia felice.

    • Ossimoro on 28 Marzo 2014

      Vero: essendo la Nothomb una filologa non perde occasioni per insegnare ai lettori peculiarità e finezze linguistiche, della sua e di altre lingue. Trovo la cosa sublime. Forse perché sono anch’io una filologa…

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