Quando nel 1973 il “maiale maschilista” Bobby Riggs (Steve Carell), tennista ritiratosi a vita privata, sfidò la numero due al mondo del tennis femminile Billie Jean King (Emma Stone) a una partita a tennis con in palio un lucroso premio in dollari, ad andare in scena non fu un semplice match, ma una vera e propria “battaglia dei sessi”, che vide in opposizione le istanze più conservatrici della società e il nuovo che avanza.
Non stiamo dicendo che siamo migliori. Ma meritiamo rispetto.
Questa battuta, una delle più significative pronunciate da Billie Jean King, spiega il discorso femminista che a molti ancora non è chiaro: la parità dei generi non è la superiorità dell’uno – fosse anche quello femminile – sull’altro. La battaglia di Billie Jean in fondo non è contro Bobbie Riggs ma contro la società tutta. Steve Carell riesce a dare un’anima al suo personaggio: Riggs non è un vero maiale maschilista ma un uomo di spettacolo che prende la vita come una scommessa, e decide in piena coscienza di interpretare il ruolo del maschio sciovinista per puro calcolo mediatico.
Billie Jean King invece è una che ci crede: si professa femminista – anche se, come sottolinea, si depila le gambe – vuole ottenere ciò che le spetta e aspetta il giorno in cui anche lei, lesbica, potrà amare chi vuole alla luce del sole.
Emma Stone è qui alle prese con un ruolo che non è il “suo” solito, ma riesce a calarsi nei panni – sportivi – di Billie Jean con grande classe, soprattutto nel momento in cui la tennista, conseguita la sua vittoria, ha un momento di cedimento e si ritira, sola, a singhiozzare nello spogliatoio. Le sue sono lacrime di gioia.
La battaglia dei sessi, per una volta, è stata vinta. Auguriamoci che succeda presto nuovamente.