Da Cinquanta sfumature ai sexy mash-up di Jane Austen: nuove sottomesse, vecchi padroni e villain senza tempo nella nuova narrativa erotica
Every breath you take
Every move you make
Every bond you break
Every step you take
I’ll be watching you.
(Sting)
Every breath you take, ovvero la più sdolcinata e la più inquietante delle canzoni sentimentali. Dove amore fa rima con controllo e la passione diviene un certificato di proprietà.
Un pezzo del 1983 che potrebbe fare da colonna sonora al libro dell’estate, la trilogia delle 50 sfumature (di grigio, di nero e di rosso) che ha spopolato tra le signore del belpaese (e del globo). Scritto da E. L. James, pseudonimo di una lady middle class (è di nascita britannica!) con marito e figli che passerà alla storia come la madre di tutte le porn mum, il volume ha sdoganato al grande pubblico tematiche e stilemi del BDSM (acronimo per Bondage, Disciplina, Sadismo e Masochismo). Soprattutto ha inaugurato un sottogenere letterario, il sexy romance incentrato sul tema della dominazione sessuale, destinato a tenere banco nel prossimo biennio.
Una formula semplice quella della James: una 21enne vergine (Anastasia, come la più obliata delle Disney princess) incontra un miliardario bello, giovane e tenebroso con un debole per il bondage (Christian Grey, il titolare delle sfumature). Tra loro sembra instaurarsi il classico rapporto padrone-sottomessa, eppure l’amore ha la meglio su latex e frustini. I due s’innamorano, si fidanzano e infine convolano a giuste nozze. Nel mezzo, una lunga serie di amplessi snocciolati con dovizia di particolari e un’attenzione ai gadget erotici che sfiora il product placement. Non proprio una trama sensazionale o trasgressiva. Eppure Fifty Shades of Grey ha raggiunto il vertice delle classifiche mondiali, è stato il colpaccio 2012 di Mondadori e ha salvato, da solo, l’annata del mercato librario italico. A ruota della James sono arrivati da noi i 90 giorni di tentazione di Lucinda Carrington (Newton Compton) e Giocando con il fuoco di Sadie Matthews (Nord) e non si faranno attendere a lungo anche le rivisitazioni soft core di grandi classici. Nella corsa al sexy mash-up la fa da padrona come sempre Jane Austen. Le eroine di Orgoglio e Pregiudizio e Northanger Abbey si cimenteranno con sesso “alla vaniglia” (cioè tradizionale) e ardito, ma si daranno da fare anche Heathcliff e Catherine di Cime tempestose, così come Sherlock Holmes e Mr Watson faranno outing regalandoci un bollente male/male romance. Se persino le protagoniste più toste e indipendenti delle letteratura sentono il bisogno di farsi scollacciate, sorge davvero il dubbio che E. L. James si sia fatta portatrice di un’istanza sottovalutata ma forte. «Nel momento in cui le donne sono in ascesa nei posti di lavoro – ha scritto la giornalista del Newsweek Katie Roiphe – consumano ardentemente miriadi e disparate fantasie di sottomissione», in grado di offrire loro «un sollievo, una pausa, un’evasione dalla noia e dal duro lavoro dell’essere eguali». Un’affermazione che racconta l’andamento del dibattito suscitato dal successo di 50 sfumature, che si incastra nella sterile dicotomia tra perbenisti e libertari, femministe e post-femministe, dimenticando il punto di partenza.
Nell’equazione donne di successo uguale aspiranti sottomesse si cela, infatti, un doppio inganno. Il primo è quello, vecchissimo, delle “donne che comandano”. Comandano, ovvero soverchiano il legittimo primo sesso, ma nel farlo smarriscono la loro “vera natura” scavandosi da sole la fossa esistenziale e condannandosi all’infelicità. Il secondo si fonda su uno slittamento, graduale ma irreversibile, tra sfera privata (e sessuale) e dimensione sociale. Perché se c’è un elemento indiscutibile in Fifty Shades è che Anastasia non è disponibile (non subito) a subire dal suo fiancé punizioni corporali, ma gli permette su due piedi di controllare ogni aspetto della sua vita relazionale e lavorativa. Il che rende completamente sbilanciato il rapporto di potere tra i due. Benché Christian non eserciti il suo ruolo di “signore” BDSM e se non nelle fasi finali della trilogia, il suo dominio è stato gettato fin dalle prime battute. Quando sceglie (e paga) per Ana i costosissimi vestiti o l’automobile luxury, acquisisce l’azienda in cui lavora e le confeziona una carriera, stabilisce persino cosa, come e quanto deve mangiare. Un gap che nega il presupposto ludico-anarchico della pratica sessuale a cui il romanzo dovrebbe essere consacrato. Tant’è che non si perde occasione per ricordare che l’attrazione di Christian per il masochismo affonda nel suo passato di bambino maltrattato e adolescente abusato da una donna di mezza età.
Per BDSM s’intende, invece, un insieme di pratiche sessuali che si muovono all’interno dello schema relazionale dominiatore-sottomesso, ma si fondano sulla consensualità. I ruoli sono interscambiabili e possono essere rivestiti indifferentemente da uomo e donna; il rapporto deve garantire soddisfazione reciproca e in caso ciò non avvenga può (deve) essere immediatamente interrotto ricorrendo a una safeword, una parola d’ordine di sicurezza scelta in precedenza. Qualsiasi deroga a queste regole sposta la relazione nel campo, ben diverso, del sadomasochismo. Come dicono i protagonisti di Fifty Shades: «Il nostro scopo è il piacere». Per ottenerlo va bene qualsiasi cosa, dalla ball gag al divaricatore anale, purché si resti nel campo della sperimentazione gioiosa, ludica e libera e il role playing alla base della pratica non intacchi la parità tra gli individui che vi prendono parte. Un meccanismo efficacemente spiegato da Cara McKenna all’interno del manuale How to Write Hot Sex: Tips from Multi-Published erotic Romance Autors (curato da Shoshanna Evers per la Createspace nel 2011). «Se un personaggio dall’esterno sembra avere tutto il potere, assicurati che sotto la superficie possa essere quello disperato. Dall’altra parte assicurati che quello vulnerabile abbia alcune carte da giocare a proprio vantaggio e lascia che l’equilibro si sposti, lasciando tutti in bilico». Anastasia si attiene al decalogo BDSM, ma rinuncia alla regola base, quella dell’indipendenza. Si diverte a letto ma fuori dalle lenzuola è una persona dimezzata. Cammina sulle uova, costantemente macerata dalla paura che Christian «si arrabbierà». Perché è uscita da sola, ha preso il sole in topless o, semplicemente, non ha spazzolato tutta la cena come una «brava bambina». Imposizioni irragionevoli, che dovrebbe rifiutare categoricamente, ma finisce per accettare di buon grado. Uscendo dalla “logica del dominio”, che è prerogativa maschile, per sposare quella dell’obbedienza. Sembra che a sussurrarle all’orecchio ci sia Costanza Miriano, l’autrice del pamphlet Sposati e sii sottomessa (pubblicato nel 2011 da Vallecchi). Il capo della casa è il marito, sostiene la Miriano. «Nel dubbio – consiglia alla sposa – comunque obbedisci. Sottomettiti con fiducia».
Christian Grey è un maniaco del controllo, «ma è il suo maniaco del controllo». Il dominio che vuole esercitare su di lei diventa un’eccentricità d’amore, perdonabile; i suoi, rari, ripensamenti capolavori di gentilezza, concessioni quasi immeritate dalla fallace sposa. Che, quando si ribella, finisce sempre per creare disastri, comportarsi male, trovarsi in mortale pericolo. Accettando, a posteriori, la verità: Anastasia ha sposato il suo stalker, ma l’ossessiva vigilanza del marito è giustificata dalla minaccia che si annida ovunque, appena varcata la soglia domestica. Al contrario grandi vantaggi si prospettano alla giovane signora Grey quando si dimostra arrendevole.
«Dovrai imparare a essere sottomessa – a scrivere è ancora la Miriano – come dice San Paolo. Cioè messa sotto, perché tu sarai la base della vostra famiglia (…) È chi sta sotto che regge il mondo, non chi si mette sopra gli altri». A una lettura superficiale parrebbe la stessa affermazione della McKenna, eppure c’è stato un ribaltamento. Non c’è nessuno scambio bidirezionale di potere, nessuno sbilanciamento dell’equilibrio, se non il caro vecchio “sorridi e stringi i denti”. È un inferno domestico, ma viene spacciato per la favola del «per sempre felici e contenti», un traguardo che le single possono solo sognare. Chiedetelo alla povera Genevieve di 90 giorni di tentazione, una over 30 che era triste e sola e nemmeno lo sapeva, non prima di incontrare un playboy dominatore deciso a farne una donna onesta.
Non bisogna dimenticare la particolare genesi di 50 sfumature, concepito come fan fiction della Twilight Saga per un pubblico adulto. Come Bella Swan, Anastasia è insicura, goffa, con una spiccata tendenza al sacrificio. Ha una madre-bambina e un papà-roccia, una suocera che incarna un modello materno irraggiungibile, pur se non fondato sul vincolo di sangue. Christian, d’altronde, non è un vampiro, ma si dipinge come un «mostro», un uomo senza cuore. «Stammi lontana!» ammonisce la sua principessa (proprio come Edward), ma non può staccarsi da lei nemmeno un minuto. Allora impone il ritmo della relazione e anche quando sembra cedere alla spontaneità, cambiare il proprio armamentario di regole sessuali ed emotive, sta solo abiurandole in nome di un codice superiore. Un codice cavalleresco fatto di legami eterni, promesse nuziali, protezione del nucleo famigliare da orribili e agguerriti villain. Che non sono vampiri ma molestatori, potenziali assassini, amanti gelose, arrampicatori sociali. E se le rinunce di Bella per amore sembrano imparagonabili a quelle di Ana (perde addirittura l’anima!) lo scotto di quest’ultima per l’happy end è ben più alto. Non c’è per lei speranza di ribaltare l’equilibrio di potere nella relazione con Christian, al pari di Bella, che chiude il suo cerchio come potentissima immortale, capace di imporre la propria volontà su quella del compagno. Dopotutto questa è la vita reale, bellezza! L’ultima immagine di Ana è quella di una soddisfatta porn mum di extra lusso, una sottomessa col pancione, incatenata a un letto, emblema del «legame tra fare l’amore e dare la vita» che – parola di Costanza Miriano – rende il sesso «avventuroso e coraggioso» e il legame matrimoniale a un uomo «divertente, naturale», la risposta – con frustino – ai «nostri bisogni» di donna e ai «desideri di felicità».
Non resta (a lei e a noi) che sperare che questo ruolo non le venga mai a noia, che il suo bel maritino non le sussurri come serenata l’inno internazionale dello stalker…
Oh can’t you see… You belong to me?
How my poor heart
aches with every step you take…
Articolo originariamente pubblicato su Speechless Magazine, anno 2013, n°3