Edipo Re di Sofocle: un tragico poliziesco

Non si stimi felice nessun mortale guardando al giorno estremo, prima che abbia trascorso il termine di vita senza avere sofferto nulla di doloroso.

Questa volta presento la tragedia più nota del tragediografo ateniese Sofocle, Edipo Re, rappresentata per la prima volta nel 425 a.C. Il re di Tebe Edipo, al culmine della gloria, si trova a fronteggiare una terribile pestilenza che miete vittime nella sua città. La responsabilità dell’epidemia è, secondo l’oracolo di Apollo, colui che ha ucciso il precedente re Laio. Indagando gradualmente viene a conoscere di essere lui stesso l’assassino, ma, cosa più grave di tutte, di essere il figlio che Laio abbandonò anni prima temendo che si avverasse l’oracolo, secondo cui suo figlio lo avrebbe ucciso e avrebbe sposato la madre Giocasta.

Il vaticinio si è avverato e davanti alla nuda verità Giocasta si impicca ed Edipo si acceca con la fibbia aurea strappata dal vestito di lei. Per volontà dello stesso Edipo, egli viene bandito dalla città e Creonte, fratello di Giocasta, ne diventerà re e si occuperà delle figlie Antigone e Ismene.

È esempio illuminante della costruzione abilissima di un testo drammaturgico assai intrigante e avvincente come un romanzo poliziesco, anzi si può dire che è l’antesignano della migliore tradizione dei gialli polizieschi. C’è un colpevole di un delitto rimasto oscuro che dopo un’inchiesta appassionante sarà smascherato e sconterà in modo orribile la sua colpa.

All’inizio dell’Edipo Re l’eroe è al culmine della fortuna, ha tutto quello che un uomo può desiderare: intelligenza straordinaria (Edipo è stato in grado di sciogliere l’enigma della Sfinge, unico tra i mortali, e per questo ha ottenuto il potere regale a Tebe), successo, ricchezza, moglie, figli. La tragedia segue passo passo e in presa diretta lo sgretolamento e la discesa di Edipo: dalla perdita definitiva di tutti i suoi beni, fino alla sua rovina umana e sociale, che è il prezzo da pagare per la propria dignità.

Il lettore moderno concorda con Aristotele che nella sua Poetica indicava L’Edipo Re come l’esempio più perfetto di tragedia, un modello di funzionamento del meccanismo tragico. L’espansione tragica insieme all’ironia permea l’opera dall’inizio sino alla sua conclusione e accompagna l’evoluzione del protagonista Edipo che nel riconoscere la verità della sua origine e della sua storia familiare si arrende dichiarando la propria sconfitta.

Ogni elemento dell’inchiesta condotta dall’ignaro Edipo aumenta la suspence e accresce la tensione drammatica tutta giocata anche nel linguaggio tra i verbi vedere/sapere. In greco antico, infatti, il verbo eidein ha il significato di vedere e di sapere, in quanto la conoscenza per la cultura greca, diversamente da quella ebraica, deriva prima di tutto dagli occhi. Lo scontro tra l’indovino cieco Tiresia e il potente re Edipo nel primo episodio della tragedia è emblematico della capacità visionaria di un cieco e dell’incapacità, al contrario, di un vedente di scorgere la verità; la profezia pronunciata da Tiresia – e se ora vedi bene, tra poco vedrai le tenebre – getta un’ombra sinistra sul cammino accidentato che Edipo sta compiendo verso la verità.

Considero Edipo l’emblema dell’umanità sia nella sua grandezza di uomo integro che preferisce sapere ed essere infelice piuttosto che sopravvivere nell’inconsapevolezza, sia nella sua fragilità di uomo sottoposto ai colpi alterni della fortuna. La sua magnanimità coraggiosa trova il contraltare in due personaggi come Giocasta e Creonte, mossi nelle loro azioni dal buon senso e da una pratica ragionevolezza condensati dal principio vivere a caso è la cosa migliore. Edipo si ribella alla mediocrità e va incontro allo svelamento doloroso di essere lui il colpevole, lui il parricida, lui l’amante-figlio: orribile ma, Sofocle si chiede, sarebbe meglio vivere con gli occhi chiusi?

Quindi, Edipo da eroe perfettamente integrato nella comunità di cui è al vertice diventa un escluso da essa, come lo sono tutti gli eroi del tragediografo Sofocle, autosufficienti nella loro fragile eppure maestosa individualità. La scoperta della personalità individuale dell’eroe/eroina (si pensi ad Antigone) da parte di Sofocle permette la costruzione di una drammaturgia concentrata nell’azione e nella struttura che si fa proiezione della visione del mondo dell’autore. La relatività che permea ogni aspetto dell’umanità rende l’uomo insicuro, fragile e mai certo non soltanto del proprio futuro, ma anche del presente.

La tragedia sofoclea diventa archetipo nella scienza che indaga l’animo umano costruendo un monumento di arte scenica mista a una profonda riflessione. Basti pensare al padre della psicoanalisi Freud e alla sua elaborazione del complesso di Edipo.

Questa tragedia racchiude l’essenza del tragico come è resa perfettamente da Goethe quando afferma: Ogni tragicità è fondata su un conflitto inconciliabile. Se interviene o diventa possibile una conciliazione, il tragico scompare e in Edipo Re le forze agli antipodi che si scontrano in una devastante lotta sono l’autodeterminazione dell’individuo e la volontà divina comunicata all’umanità attraverso gli oracoli.

Ancora nel 1976 Friedrich Durrenmatt ne La morte della Pizia guarda in modo irrisorio e deformante al vaticinio come a un paradigma della inconsistente pochezza dell’umanità in balia dell’enigma e fa dire alla sacerdotessa Pizia:

Ho riflettuto sugli esseri umani e li ho interrogati prima di sottoporre ad essi il mio enigma e farli sbranare dalle mie leonesse. Mi interessava sapere come mai gli uomini si lascino opprimere: per amore del quieto vivere, ho concluso, che spesso li induce addirittura a inventarsi le teorie più assurde per sentirsi in perfetta sintonia con i loro oppressori, come del resto gli oppressori escogitano teorie non meno assurde pur di riuscire a illudersi di non opprimere gli individui su cui esercitano il loro dominio.

Infine, menzione va fatta della fortuna, assai presente nella letteratura greca arcaica,che ritrova in questa tragedia accenti toccanti e profondi. Nel quarto stasimo il coro, la voce della comunità intera nella tragedia greca, afferma la paradossale parabola di Edipo che ha perso la gloria e conclude con una massima, riecheggiata anche dallo storiografo Erodoto: nessuna condizione mortale stimo felice. La sorte riservata agli esseri umani è imprevedibile, il divino che opera nel destino risulta inafferrabile e indecifrabile, perciò all’uomo non rimane che fronteggiare da solo i colpi della fortuna e tutelare il bene più prezioso: la dignità.

Un testo che invita tutti noi ancora oggi a diffidare della realtà monolitica e a credere alla precarietà ingannevole dell’esistenza. Ognuno può diventare Edipo quando meno se lo aspetta!

Traduzione consigliata: Raffaele Cantarella

the author

Grazia è nata e lavora a Gioia del Colle, in provincia di Bari, presso il liceo classico "Publio Virgilio Marone". Curiosa dell’umanità, ama le sfide e mettersi in gioco continuamente. Sensibile, testarda, diretta e determinata, è sempre alla ricerca di valicare i propri limiti. Il motto che cerca di rendere pratica di vita è l’ideale del commediografo latino Terenzio: “Homo sum: humani nihil a me alienum puto” (Sono un uomo: penso che nulla che riguarda l’uomo mi sia estraneo).

10 Readers Commented

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  1. Mariagrazia Fasano on 13 Dicembre 2013

    Articolo appassionante, unisce qualcosa di così antico come la tragedia greca, a ciò che caratterizza la nostra quotidianetà, interessando anche i più giovani, difficili da conquistare. Davvero molto originiale, complimenti!

    • Grazia Procino on 13 Dicembre 2013

      Grazie, Mariagrazia, in effetti l’intenzione della rubrica Allois ophtalmois è quella di rivolgere uno sguardo nuovo al mondo classico, cercando di ridurre la distanza con noi contemporanei e di renderlo vicino alla sensibilità e ai gusti dei più giovani.

  2. Domenica Gisotti on 13 Dicembre 2013

    Un articolo che sottrae al tempo un’opera così straordinaria. Da “una delle piu’ grandi tragedie classiche” diventa “la riscoperta di una moderna opera d’arte”.
    Un articolo bellissimo e dalla rara originalita’ che non puo’ far altro che spingerti verso questo capolavoro sofocleo per scoprirne i misteri e ricordarne per sempre i protagonisti.

    Complimenti Grazia Procino, hai la straordinaria capacita’ di rendere affascinante e sublime quel che e’ gia’ perfetto!

    • Grazia Procino on 13 Dicembre 2013

      Sofocle è compiuto interamente, perfetto, pertanto il merito è suo. Davvero un maestro di tecnica drammaturgica! Grazie, Domenica.

  3. Dario Motta on 16 Dicembre 2013

    Difficile non appassionarsi a questa tragedia e a tutto il mondo dei classici leggendo la splendida recensione di Grazia Procino. “Edipo Re” in particolare mi ricorda un lavoro bellissimo fatto nel V ginnasio insieme alla mia classe e alla mia cara professoressa di lettere classiche nel quale analizzammo attentamente e in maniera piacevolissima il capolavoro sofocleo. Le opere della classicità sono le colonne portanti della nostra cultura, e vanno custodite gelosamente per essere tramandate ai posteri così come sono giunte a noi, per formare generazioni colte e consapevoli delle nostre importanti origini.

    • Grazia Procino on 17 Dicembre 2013

      “Edipo re” è una delle tragedie più fascinose del teatro greco e ogni volta che la ri-leggo noto sfumature ed elementi nuovi che mi confermano, se mai ce ne fosse ancora bisogno, della sua preziosa vitalità. Grazie per le note lusinghiere nei miei confronti e per le considerazioni finali riguardo all’importanza fondamentale del patrimonio letterario classico nella formazione di cittadini attenti e consapevoli della propria provenienza.

  4. ComCom on 12 Gennaio 2014

    A quando il prossimo articolo della rubrica? Can’t wait!

    • Alessandra Zengo on 13 Gennaio 2014

      Il nuovo articolo è pronto. Dovrebbe arrivare verso la fine della prossima settimana, o all’inizio di quella dopo 😉

  5. Angelica on 23 Gennaio 2014

    Articolo davvero molto bello, appassionante e avvincente… Gli spunti di riflessione offerti sono molteplici… Per esempio che a volte non usiamo i nostri sensi per percepire la vita e tutto ciò che ci offre, o li usiamo nella maniera sbagliata, costruendoci e isolandoci così in un mondo che non esiste, illusorio e deludente… Inoltre che, nonostante nella vita dell’uomo sia onnipresente l’insicurezza, il modo per non restarne totalmente sconvolti è raggiungere la consapevolezza, seppur di qualcosa di orribile, ma che corrisponde alla realtà…

    • Grazia Procino on 23 Gennaio 2014

      Grazie per i complimenti, Angelica! Come spesso affermo, la singolarità speciale delle tragedie greche sta nella capacità di aprirsi un varco nel nostro presente e offrirci, per chi ha occhi e sensibilità, innumerevoli occasioni di riflessione e di approfondimento.

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