Chiunque metta all’apertura del proprio libro una citazione di Dante Alighieri ha la mia completa attenzione. Se poi titola con una domanda come Chi manda le onde, anche se qui il punto interrogativo non è dato, ha già un bonus speciale.
“Onde si muovono a diversi porti
per lo gran mar de l’essere, e ciascuna
con istinto a lei dato che la porti”.
Questa la terzina citata da Fabio Genovesi nel suo ultimo romanzo e già ti sembra di capire che vi sia la fiducia in un senso, che vi sia un significato a quel che accade, e che ognuno possa, seguendo la sua strada, sorridere a un disegno buono. E non è poca cosa un’ipotesi di tal genere di questi tempi orridi e casuali. Ma non ci sono sicurezze e qualsiasi ipotesi deve essere giocata nella sfida del presente. Il dramma del libero arbitrio è del resto ben salvato nella visione dell’autore già dall’inquieto protagonista, Sandro, quarantenne in ritardo su tutto, e sulla vita specialmente, dato che vive ancora con i suoi e che rifugge dai destini preconfezionati con una riottosità degna di uno Zeno Cosini di sveviana memoria.
Perdere il tempo, da solo o insieme ai suoi compagni di indeterminazione, Rambo e Marino, è una sorta di ribellione accidiosa a una normalità sentita come irraggiungibile e odiata al tempo stesso. Il fallimento, il suo odore e le sue conseguenze oziose, è la cifra di un antieroe in salsa italiana, o meglio, versiliana. Eppure Sandro è un simbolo, anche nei suoi tentativi di sbarcare il lunario e di trovare la propria strada, come professore – eppure fare il giovane professore figo e affascinante non è così facile come sembra –, come insegnante di chitarra – soprattutto quando la coscienza ti dice che il talento non l’hai mai avuto, come catechista – e della religione in senso non lato non te ne è mai fregato granché. La difficoltà per un’onda di seguire l’istinto che la porta è minima rispetto a quella che deve affrontare un uomo quando scopre che quel che vorrebbe fare ed essere non è quello che aveva immaginato. Allora come trovare la direzione giusta, per far muovere il meccanismo inceppato della libertà e cominciare realmente a vivere?
“Perché Sandro è uno che combatte, Sandro non si arrende, e se il futuro fa così vomitare, allora cazzo, conviene tuffarsi di testa dentro a tutto il presente che troviamo”.
Forse, come nella vita di Dante a muovere davvero tutto è “avvenuta” Beatrice – cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare –, così per Sandro c’è Serena. Piace tanto, di questo romanzo di Fabio Genovesi, il cambiamento di punto di vista, così che il lettore vede, vive di volta in volta la realtà di Serena, di Sandro e soprattutto attraverso gli occhi troppo chiari di Luna. Questa ragazzina particolare e “altra” consente uno sguardo straniante e rivelatore su tutto quel che accade.
Luna è figlia di Serena, e dunque andiamo con ordine. Serena è di quelle persone che appaiono, per la loro bellezza spontanea e assoluta, avvenimenti imprescindibili. Pare un’invenzione maschile, concepita da un romanziere maschio e per un protagonista maschio, ma non è vero. Le persone naturalmente belle esistono, e non è la loro solo una bellezza esteriore, è il loro modo assurdamente semplice di esistere, che agli antieroi sveviani, paralizzati dall’impossibilità di compiere vere scelte, pare alieno e divino. Serena ha questi due figli: Luca e Luna. Il modo in cui sono stati concepiti è di quelli che ti fa domandare se è il caso becero che tutto governa o se è un disegno che si compie per le vie più improbabili e assurde.
Ma tant’è, e Serena è “l’incontro” per Sandro, quel qualcosa per cui giocarsi tutto, a tutti i costi.
“E questo è un segno fantastico, vuol dire che c’è speranza, che le cose bellissime possono capitare anche quando non te l’aspetti più. Sì, Sandro, forse ci sono sempre cose belle che ti aspettano, forse le opportunità non sono finite, forse anche quando il tuo orizzonte è piatto e deserto e pensi che non ci sia più nulla da vedere, ecco che le sorprese schizzano fuori dal nulla e ti possono travolgere la vita …”
La via per giungere a lei è però costellata di scelte tragiche e assurde. Scelte o destino? Chi manda le onde è un titolo perfetto per questo romanzo, perché un’onda ti solleva in alto e un’onda ti travolge. Infatti il dolore colora la storia di un rosso scuro, che innerva di strazio le tinte pastello di un panorama giocosamente italiano da vitelloni, quello dei tre amici inconcludenti e di Serena, parrucchiera senza certezze. Il tono giocoso fronteggia e regge bene il dramma, bisogna rendere merito per questo a Fabio Genovesi. I dolori di Serena, di Luna e di Sandro si incrociano, lancinanti, diversi, come diversi e perfettamente definiti sono i personaggi, e la domanda su chi ha portato questi dolori col mare fino a loro aleggia lontana nel titolo, ancora. Il bene è, come un correlativo oggettivo, incastonato nel personaggio solo narrato indirettamente di Luca. Chissà se c’entra il fatto che il nome deriva dalla parola “luce”, di certo la luce è quel che attrae e respinge la piccola Luna, albina, bianca e fragile, ma resiliente e forte come la dea di cui porta il nome. Piccola ma grande perché attraverso la sua fame di mistero si gioca la risposta alla domanda senza punto interrogativo.
“A cosa serve conoscere il destino e le cose che ti vengono incontro, se poi quelle brutte non le puoi scansare e quelle belle, anche se le abbracci forte, scivolano via nel vortice del passato? Come te e i tuoi amici etruschi, che siete morti tutti e avete lasciato solo delle tombe puzzolenti e polverose. Come Babbo Natale, come il Signor Vincenzo e come il nonno. Come tutto quello che arriva e passa e se ne va, e dove va a finire non lo so.”
Il mistero lo cerca, lo trova nella luce, nel mare, nel fratello luminoso che ha a che fare con l’una e con l’altro, e quando lo perde – in quel dramma proprio di ciascuno quando dubita che la vita un senso ce l’abbia, o che Babbo Natale esista davvero o che un destino buono ci attenda – siamo noi lettori che lo perdiamo con lei. E la risposta non è facile, ma c’è, se una piccola comunità di perdenti si è ritrovata come famiglia: Sandro con la sua irresolutezza travolta dal desiderio di Serena, la sua personale, recalcitrante, triste ma viva Beatrice, Marino con la sua tragicomica personalità multipla, Rambo con il suo dissidio interiore nascosto nelle mosse da macho, Zot, piccolo personaggio straniato, bambino perduto di Chernobyl, Ferro, nonno crudele e sboccato, ma presente, Luna con quella visione profonda e vera, disincantata e libera, con la sua disposizione a vedere ciò che agli altri rimane nascosto. Tutti loro sono come onde in cerca del loro istinto, per arrivare a riva. E simile alle onde è lo stile narrativo di Fabio Genovesi, perché è preciso, pulito e ritmico: ammaliante. Il suo romanzo si legge facilmente, perché, come la risacca, ha il ritmo del respiro e la sua storia sorride e soffre con leggerezza e profondità più uniche che rare.
UPDATE: Fabio Genovesi l’8 giugno 2015 ha vinto il Premio Strega Giovani. Noi di Diario di Pensieri Persi non possiamo che congratularci caldamente con lui. (L’avevamo detto che era bravo, no?)
Autore: Fabio Genovesi
Titolo: Chi manda le onde
Editore: Mondadori
Pagine: 391
Prezzo: € 19,00 brossura
e-book: € 9,99
Data pubblicazione: 3 febbraio 2015
2 Readers Commented
Join discussionPingback: Fabio Genovesi e il potere di meravigliare con le storie 28 Set, 2015
[…] comunale “Rossini” per partecipare alla presentazione del libro premio Strega giovani 2015, “Chi manda le onde”, scritto da Fabio […]
Genovesi è uno scrittore mediocre, stile di scrittura misero e tante parole vuote. Alcune frasi poi le ho trovate scritte da altri su twitter e lo scrittore le ha fatte sue rimescolando le parole.