Non capita spesso di vedere libri italiani ambientati nell’estremo Oriente, e per me, appassionata da anni di cultura orientale, Come inciampare nel principe azzurro di Anna Premoli sembrava il libro perfetto: la storia di una ragazza inglese che va a lavorare a Seul e si innamora di un giovane coreano.
Lo sanno tutti che le bugie hanno le gambe corte e che non vanno lontano neanche quando le fasciamo con dei jeans griffati che le fanno sembrare chilometriche. Lo sa benissimo anche Natalie Raglan che, appena trasferitasi a Londra dalla noiosa Bath, dopo essersi lasciata col fidanzato di sempre, Pete, sta cercando di farsi una nuova vita ricominciando daccapo, con tutto l’entusiasmo di cui è capace.
Il sogno di un’esistenza diversa non era certo arrivato all’improvviso, ma era stata brava a tenerlo a bada. Se non avesse più lavorato, cosa avrebbe potuto fare una single di cinquantacinque anni senza figli né nipoti? Cucire? Lavorare a maglia? Giocare a golf? Non ne aveva la minima idea. Desiderare qualcosa che non conosceva le risultava spaventosamente difficile. Nei cinque anni di lavoro che le restavano doveva assolutamente trovare uno scopo, dare un senso alla propria vita.
Non si fa più spoiler se si dice che Mark Darcy, l’idolatrato erede di tal Fitzwilliam Darcy da Pemberley, Derbyshire, Austenland, sia stato fatto fuori da Helen Fielding nel terzo episodio della serie di Bridget Jones, Un amore di ragazzo. Alcune fan, che entusiasticamente avevano chiesto alla Fielding di scrivere il terzo capitolo, si sono risentite per una tale soluzione, rifiutando di leggere il romanzo, o leggendolo con un certo distacco.
Ci sono persone che riescono a catturare le attenzioni e l’affetto degli altri come calamite. Ci sono delle relazioni famigliari e delle situazioni che continuano a ripetersi generazione dopo generazione, quasi fossero dei geni che si trasmettono da madre a figlia a nipote. La storia de Il segreto della bambina sulla scogliera parla proprio di persone così e della storia di due famiglie più o meno imparentate fra loro, che continua a intrecciarsi ripetendo a ogni generazione sempre lo stesso schema.
Parliamo oggi di un libro che ha nel titolo una delle paroline magiche di questo 2013, anno del bicentenario dalla pubblicazione di Pride and Prejudice, ovvero Mr Darcy. E c’è anche un’altra parolina magica, la parola ‘cupcake’, che sembra essere inflazionata negli ultimi tempi. Un’accoppiata furba? Di certo, sebbene non abbia nulla a che vedere col titolo inglese (Billy and me), sia Mr Darcy che i cupcakes fanno parte della trama di questo romanzo, quindi chiudiamo benevolmente un occhio. Infatti, anche se non brillerà per originalità, questo romanzo di Giovanna Falcone in Fletcher mi ha donato un pomeriggio di lettura spensierata, con un chick-lit sicuramente scritto molto bene e con cognizione di causa.
Questo romanzo si apre con un tragico prologo: in Irlanda, un camionista molto stanco provoca un incidente stradale che coinvolge due donne quasi coetanee, ciascuna alla guida della propria vettura. Una delle due donne si trova lì per caso: è irlandese, ma la sua famiglia abita a Brighton. L’altra ha sempre vissuto a Dublino e ha un comportamento a dir poco bizzarro a partire da quel fatale incidente. Un incidente che fa subito pensare a una coincidenza di quelle incredibili, che la vita vera a volte riserva e che sembrano frutto della fantasia di un romanziere dalla fervida immaginazione.
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