
In quest’epoca in cui la più insignificante delle adolescenti esibisce il suo blog, forse non c’è nulla di più desiderabile di questo: un segreto.
Amélie Nothomb
Dopo parecchio tempo torno a scrivere sul blogging, con un articolo che sarà sicuramente impopolare. Animata da spirito autolesionista, mi accingo a redigerlo ugualmente. Come ho già avuto modo di scrivere lo scorso anno, potremmo concepire il rapporto tra blogger ed editori come la “relazione complicata” di Facebook. Le collaborazioni con gli uffici stampa, soprattutto per quanto concerne le piccole realtà, si intrecciano e sfaldano alla velocità di qualche bit: non sono state consolidate da una fisicità acquisita (incontri vis-à-vis) e, nella maggior parte dei casi, nemmeno dalla stima reciproca; si potrebbe parlare piuttosto di mero utilitarismo da entrambe le parti. Per gli uffici stampa i blog sono un medium per la promozione online, uno strumento da utilizzare (sfruttare?) per avere, con la minima spesa, il massimo ricavo. Allo stesso modo per Alice, blogger de Il bosco dei libri, il contatto con Marta della Nymeria Edizioni è la strada più efficace per ricevere copie omaggio e popolarità tramite giveaway. Inoltre è prassi consolidata fregiarsi delle innumerevoli collaborazioni – più o meno veritiere, più o meno costanti – con le case editrici maggiori.
Il primo passo è creare un blog su una piattaforma gratuita, il secondo è scrivere e-mail agli uffici stampa di qualunque casa editrice distribuita nelle librerie, chiedendo contatti anche ai colleghi, trascurando realtà più meritevoli e particolari. È quasi un dovere assicurarsi di essere notati subito dalla platea di addetti stampa, quasi non si fosse un vero blogger altrimenti. E ciò deriva da un desiderio di emulazione del proprio blogger di riferimento, da un’ingenuità derivante dall’età, e in ultima istanza dall’orgoglio e dal piacere di vedersi arrivare a casa innumerevoli pacchetti, che – se non avessero quel brutto color senape – potrebbero assomigliare ai regali di Babbo Natale. Vi immaginate un eterno Natale? Il desiderio di ogni bambino troppo cresciuto, conservato gelosamente all’interno di una cassa toracica resistente e adulta.
Quando si è soli, quando non si è un soggetto professionale, quando si è squisitamente amatoriali, giunge inaspettato quel momento nel quale si vuole essere riconosciuti. E, di solito, il riconoscimento è qualcosa del quale si preferisce essere investiti dall’alto (da cui deriva, appunto, il prestigio), come riconoscimento per qualità – o velleità – di qualche sorta. Il lettore non basta, perché il lettore è impossibilitato a fregiare il blogger di un attestato di qualità (o preferenza) riconosciuto nell’ambito della filiera. La considerazione di un soggetto più importante gratifica intimamente, e dona un senso di importanza che non sempre, nella vita reale, possiamo permetterci.
L’unico soggetto che può, idealmente, ricoprire di un manto di luce dorata un blogger è proprio l’editore, quel soggetto prismatico composto da una miriade di persone che adempiono a funzioni differenti per la realizzazione dell’oggetto libro. Sussiste un problema: l’investitura dall’alto è solo una fantasia, una fantasia che consola, certo, ma pur sempre costituita dalla stessa sostanza di cui sono fatti i sogni; in realtà collaborare con questa o quella casa editrice non aumenta la qualità intrinseca del blog (né la stima di chicchessia), e potrebbe risultare significativo solamente a uno sguardo disattento. Nondimeno è interessante proprio in virtù del suo significato implicito.
Perché bisogna essere riconosciuti da un’autorità situata qualche gradino più in alto? Perché anche i blogger sono persone, e le persone notoriamente hanno vanità, ambizione, aspirazioni che esulano dal blogging fine a sé stesso. Qualcuno si accontenta di una popolarità effimera derivante dai social network. I like, le condivisioni, i commenti adoranti sono la linfa vitale del narcisismo, l’humus fertile nel quale cullare il proprio ego. Si ha una qualche sorta di protezione, qualcosa che attesti il nostro successo in termini di numeri e persone: follower. Ciò che si dimentica, consapevolmente o meno, come lenitivo è che la rete rappresenta solo un segmento del mondo, la popolarità amplificata da poche centinaia di utenti che, nella realtà, rappresentano una percentuale ininfluente.
Se la collaborazione con un editore non influisce sul prestigio di un blogger agli occhi di un addetto ai lavori, o un “simpatizzante”/“appassionato”, è pur vero che essere un blogger letterario comporta alcuni vantaggi non indifferenti. Quello più significativo è la possibilità di infiltrarsi per osmosi nell’editoria italiana, ricoprendo i ruoli più diversi: ufficio stampa, marketing, scrittore, etc. Indubbiamente il blogger condurrà un percorso “privilegiato” rispetto a persone del tutto estranee al sistema che desiderano lavorare nel campo, e questa prassi continuerà a radicalizzarsi sempre di più con il consolidamento dell’attività di blogging letterario online, e con l’aumentare dell’autorevolezza delle opinioni di operatori culturali nativi digitali, a discapito del vecchio giornalismo culturale. Ci si chiede se una simile prospettiva sia davvero auspicabile. E la domanda non è retorica.
Diventare un blogger, infatti, non richiede alcun attestato, alcuna competenza verificata da un percorso di studi, nessuna capacità particolare. È la democrazia del web, applicata all’ambito letterario, nel quale ognuno, ora, può esprimere la propria opinione liberamente, al pari di qualsiasi altro. L’autorevolezza di cui parlavo prima, però, non viene verificata da criteri quantomeno oggettivi e validi per tutti, ma dall’apprezzamento del pubblico, che non coincide sempre con la qualità, a seconda del tipo di target a cui si fa riferimento. Non c’è nessuna scrematura dettata dal merito, ma piuttosto dalla popolarità. L’immagine che prevale sulla parola, in una visione (pessimista) nella quale il blogger diviene “personaggio”, condividendo il percorso d’evoluzione della figura dell’intellettuale e dello scrittore contemporaneo.
Anche la sottoscritta è stata una blogger giovane e inesperta, incantata da qualsiasi piccola novità o cambiamento nella mia attività, entusiasta per iniziative frivole e inconsistenti. Lo sono ancora, per certi versi. Ricordo ancora con nitidezza l’eccitazione per la prima intervista a un’autrice straniera, la prima collaborazione, il primo pacchetto dalla Random House proveniente dall’Inghilterra… Tantissime emozioni, soddisfazioni e successi hanno costellato la mia esperienza con Diario, intrecciate – com’è normale che sia – a delusioni, amarezza e sconforto. La meraviglia, però, non dovrebbe mai abbandonare lo sguardo di chi svolge questa attività con passione e dedizione, talvolta anche con abnegazione e pazienza.
Ciò che temo, come deriva quasi inevitabile dell’atteggiamento ampiamente diffuso nell’oggi, è una prassi consolidata dall’abitudine (cattiva). Quando l’esperienza difetta accade che si diventi subordinati ai desideri dell’editore, con la conseguente perdita di indipendenza, che è il fondamento imprescindibile del blogging, sulla quale si basa anche buona parte della fiducia che i lettori ripongono in noi. Nel 2013, dopo molti anni di books-blogging a livello amatoriale (soprattutto nelle piattaforme di WordPress e Blogger), non credo si possa ancora giocare la carta dell’ignoranza. C’è bisogno, soprattutto, di responsabilità, di esempi e creatività. Il che significa nuovi progetti e nuove voci che abbiano qualcosa da dire, e lo sappiano fare diversamente dagli altri blogger.
A dispetto di quello che potreste pensare, adoro il blogging, le possibilità che offre, e non dimentico le mie origini. Primariamente rimarrò sempre una blogger, qualunque altra attività nell’ambito editoriale scelga di intraprendere. È solo grazie a questo spazio virtuale – sebbene possa sembrare misero – che ho imparato e conquistato tanto nel breve periodo di quattro anni. Mi piace, però, pensare che si possa fare ancora di più per cancellare, almeno in parte, il pregiudizio riguardante questa categoria, e il processo passa per una rinnovata consapevolezza e voglia di cambiamento, di una ricerca identitaria che sia unica per ogni blogger che svolge questa attività, di una emancipazione definitiva dall’ingerenza delle case editrici, che non devono essere blandite per rispondere ai nostri interessi, non ce n’è bisogno. Ancora non è così.
28 Readers Commented
Join discussionUna frase che riassume tutto l’articolo:
“Non c’è nessuna scrematura dettata dal merito, ma piuttosto dalla popolarità.”
E che, tristemente, riassume anche l’editoria italiana, non solo il blogging. Della qualità ormai non se ne frega più nessuno, perché sono in pochi a poterla riconoscere. Invece la popolarità non fa differenza fra ignoranti e colti, fra belli e brutti, fra il Caino e l’Abele.
E anzi, più un blog è di qualità – tornando in topic – meno viene visto di buon occhio, io credo, dalle CE. Loro preferiscono quelli delle recensioni positive assicurate. Ed è normale, se uno ci pensa, è il loro lavoro. Il problema è che non dovrebbe essere normale, perché è pubblicità ingannevole, ma in pochi se ne importano.
Non credo che per tutti gli editori sia così. Ho conosciuto addetti stampa che davvero apprezzavano il lavoro di un blogger, quando fatto bene. Anche quando veniva espresso un parere negativo, ma ben articolato.
Ho sperimentato un po’ cosa vuol dire “essere dall’altra parte” e si è molto più gratificati da una bella recensione, scritta bene, senza errori, con l’opinione di un blogger, piuttosto che una lode sperticata ma carente.
Certo, naturalmente non era mia intenzione generalizzare 🙂 Ma, purtroppo, ci sono anche molti come li ho descritti su. E lo dimostra il fatto che a volte dopo una rece “media” non rispondevano nemmeno alle mail 😛
Comunque non per il mio blog, perché non ho “rapporti lì”, ma per le collaborazioni che facevo per portali più grandi 🙂
Mi è capitato anche qualche editore “buono”, e con loro capita ancora di scambiarsi mail, nonostante la pausa delle collaborazioni ^_^
Seguo qualche blog letterario e mi piace scrivere le recensioni dei libri che scelgo e leggo. Sono una microblogger a tempo perso e vedo il blogging come uno spazio personale che mi ha permesso di conoscere molte persone con interessi comuni. Mai mi è venuto in mente di scrivere a una casa editrice ma forse perchè non ho velleità editoriali. Da lettrice posso dirti che a naso si riconoscono le recensioni non sincere o troppo immature, e non sono certo quelle che mi influenzano nella scelta di un libro.
Pongo però un’altra questione: in un Italia in cui i lettori forti sono pochi e le attività a sostegno della lettura non sono mai abbastanza, questo fiorire di blog letterari non è un modo per favorire la lettura?
Altro punto: quando un utente del web non è in grado di riconoscere la qualità di un blog, lo apprezzerebbe di più se esistesse una patente virutale che ne attesta il valore? E chi dovrebbe assegnarla? Su quali criteri?
In questi mesi ho sentito molto vivo il dibattito sul rapporto tra blogger ed editori, a mio modesto parere la trasparenza e l’onestà intellettuale dovrebbero essere perseguiti da entrambe le parti.
Ho scritto un po’ di pensieri sconclusionati mi sa (chiedo venia), ma non vedo questa grande minaccia che incombe sul web 🙂
mrs Fog
Assolutamente, i blog letterari in questo senso sono una grande risorsa. Creano community, gruppi di utenti, sono la linfa vitale dello scambio. Insomma, suppliscono alle gravi mancanze di istituzioni ed enti che non promuovono la lettura. Anche se bisognerebbe pensare in che modo lo fanno, nel senso: è possibile per un blogger far appassionare qualcuno alla lettura?
Forse mi sono spiegata male, ma io non penso assolutamente che i blogger siano una minaccia, ma tutto il contrario. Solo che la possibilità di avere libri gratis da una parte ha invogliato tantissime persone ad aprire un blog, e dall’altra ha pregiudicato fin dall’inizio la loro attività. Insomma, ci sono tantissimi, tantissimi nuovi blog. Ma sempre di più li vedo uguali a sé stessi.
Per banalità e velocità, dico che mi è piaciuto molto questo articolo. Io sono una blogger neofita (anche se non più giovanissima), che ha aperto il suo blog per pura e semplice passione per i libri che spinge dall’infanzia. Volevo parlare di libri a mio modo. Tant’è che ci sono soprattutto libri che piacciono a me, o che mi hanno colpito, nel mio blog. Tuttavia, ho visto che blogger e case editrici collaborano, più o meno strettamente, e con gli influssi che avete così ben descritto. Non conoscevo ancora certi aspetti del blogging, proprio perché non ho (ancora) iniziato una collaborazione di qualche tipo con qualche casa editrice. Ogni parola è stata preziosa per me, ho imparato qualcosa di nuovo, e…posso dirlo? mi ha acceso una piccolissima lampadina di illuminazione su quello che vedo come futuro per il mio blog. Grazie! 🙂
Cara Loredena, ti ringrazio.
Ci tengo a specificare che collaborare con una casa editrice, a mio parere, non pregiudica a prescindere il lavoro di un blogger. Nella maggior parte dei casi, succede solo per inesperienza e, diciamo, poco polso a riguardo. Ovvero, un blogger dovrebbe fregarsi altamente se una casa editrice decide di non mandargli più libri, non pensare a come e cosa scrivere, solo in virtù di cosa potrebbe pensare l’editore. E’ questo che io trovo sbagliato.
Felice di essere stata d’aiuto allora! 😉
Su quest’ultimo concetto, mi trovi completamente d’accordo. Altrimenti, si riduce sempre tutto a puri rapporti di forza e di tendenze di marketing. Io adoro il marketing, e l’ho studiato anche, ma ogni tanto non posso fare a meno di vedere che è usato a senso unico. E’ abusato, ecco.
Sì, mi sei stata proprio d’aiuto, confermo. 🙂
Questo è esattamente il motivo per cui non ho mai scritto a nessuna casa editrice. Le collaborazioni sono arrivate lo stesso. Ho preferito aspettare di ottenere risultati MIEI, essere notata per le capacità e non tramite un’email che lascia il tempo che trova. Sinceramente non mi sognerei mai (a meno che il blog non sia un sito con un progetto ben organizzato e articolato, magari da un team) di contattare un ufficio stampa senza alcuna competenza professionale per chiedergli di mandarmi materiale da recensire. Sbaglierò sicuramente io perché probabilmente questa mia scelta non paga in termini di visibilità e contatti ma devo dire che fin ora (il mio blog non ha nemmeno un anno di attività) i risultati li sto ottenendo senza dover dipendere da nessuno e senza leggere cose che non mi va di leggere solo per ambizione. Preferisco avere più credibilità che numeri.
Tanta stima, perché la penso così anche io. Vabbé che quando ho cominciato a fare la blogger io non c’era questa prassi delle case editrici, però credo sia immensamente più gratificante essere apprezzati dagli altri liberamente, senza andare a fare pressing costante.
Ciao Ilenia, sono molto felice di vederti commentare sul nostro Diario. Amo le tue videorecensioni su youtube e il tuo dolcissimo accento.
Sì, la tua scelta probabilmente non paga in termini di visibilità, ma ti posso garantire che la qualità è alta. Te lo dice una che becca molte più critiche che complimenti (da uffici stampa, editori, autori, etc) perché dice quello che pensa, fin troppo. Un saluto e complimenti 🙂
Complimenti per l’articolo. Anche se non lo condivido in pieno. Alla fine un blog è un proprio spazio personale in internet, come lo può essere un sito internet, quindi ognuno è libero di aprirsi un proprio blog e di scriverci ciò che gli pare. Io sono per la libertà in ogni caso. Internet è nato libero e libero deve rimanere. Invece molti, tra i politici, hanno cercato di ingabbiarlo, di mettere dei freni e su questo non sono per niente d’accordo. Poi sta al pubblico decidere chi seguire e chi non seguire.
Per quanto riguarda le collaborazioni con le case editrici, se è vero che ci si può proporre anche senza avere nessun merito o qualità, è anche vero che è la casa editrice a scegliere poi alla fine con chi collaborare (e non lo fa certo in base al merito, ma in base alla popolarità del blog). Per cui la colpa se mai va data a loro e non ai blog in sé.
Vale quello che ho detto poco sopra. Non auspico a nessun tipo di ingabbiamento dei blog o attestati di merito. Bisogna accettare le cose come sono, basta essere consapevoli dei loro meccanismi per cercare di avere sempre un’evoluzione in meglio. Quindi il blog ha delle cose positive, ma anche negative.
Per quanto riguarda le CE, sono la prima a dire che non conoscono assolutamente i meccanismi del blogging, e quindi poi i risultati si vedono. Quindi si, la colpa è loro, anche se non riesco a non biasimare chi fa il blogger solo per ricercare contatti e popolarità, o libri gratis.
Vabé, non so neanche perché mi metto pure a commentare, hai già detto tutto, non c’è nulla da aggiungere.
A parte il fatto che secondo me la parola ‘collaborazione’ è impropria, in questo ambito. Infatti per mesi mi sono chiesta come facessero tutte quelle blogger a ‘collaborare’ con tante case editrici, prima di realizzare che significava semplicemente recensire quello che le CE mandavano xD
Non so. Una ‘collega’ di quelle brave tempo fa mi ha raccontato contenta di una casa editrice che, con una gentilezza incredibile, le ha mandato una mail dicendole di avere apprezzato una sua recensione. Non le hanno offerto libri né altro, però credo che una cosa del genere sia un segno di riconoscimento e rispetto che vale molto più di una ventina di copie a’ggratis.
… un po’ la invidio, diamine xD
Io poi ho difficoltà a pormi con le CE, forse proprio perché non mi va di passare per blogger scroccona. Non mi va neanche di linkare le recensioni alla data CE, perché magari poi sembra che l’ho fatto perché blablabla. Sì che io c’ho anche quella punta di paranoia, eh…
E boh, alla fine ho sproloquiato a caso e basta.
Ogni tuo commento, anche non sense, è gradito.
Comunque si, esistono (si, esistono!) addetti stampa innamorati del loro lavoro. E, credetemi, leggere una bella recensione del romanzo che si sta seguendo per la promozione è proprio bello, bello, bello, quando è scritta bene, articolata, sentita.
Che dire, assolutamente vero verissimo! 🙂
Ho visto anch’io molti blog ricchi di collaborazioni con case editrici. Non so dire se questo sia giusto o sbagliato. Quello che secondo me è veramente importante ricordare è che la propria opinione non dovrebbe essere in vendita: una recensione deve essere personale e onesta, nel bene e nel male. Sia che si scelga di leggere un libro in autonomia, sia che la proposta arrivi dall’editore. In fondo il gusto è, per foruna, soggettivo!
Fabio, credo che la collaborazione con l’editore in sé non sia né giusta, né sbagliata, dipende da come utilizza la cosa il blogger 😉
Se si mantiene onesto, perché no?
Infatti, intendevo dire proprio questo: la collaborazione in sé non è ne giusta né sbagliata, l’importante è essere sinceri sulle proprie opinioni. Mi trovi pienamente d’accordo 🙂
Diciamo la verità: io penso che questo sia il rischio maggiore nel quale i blogger dovrebbero far attenzione a non incappare. Per questo occorre effettuare una distinzione: un conto è ottenere un complimento (cosa che fa sempre piacere) per una recensione che, per coincidenza, soddisfa sia il lettore che l’editore e un altro conto è abituarsi alle lusinghe e scrivere articoli falsati proprio per attirare i suddetti complimenti (o, come hai scritto tu, libri e vantaggi vari); è proprio a quel punto che la spontaneità lascia spazio a tutt’altro.
Detto ciò, credo anche che (e lo dico da lettrice più che da blogger), prestando appena un po’ d’attenzione, si riesce a capire chi è stato contagiato dal “miraggio della gloria” e chi invece è riuscito, nonostante tutto, a restare se stesso (almeno a me salta subito all’occhio). La maggior parte dei blog che seguo mi hanno conquistata proprio per la diversità con la quale i gestori si approcciano a libri. Ci sono una marea di blog letterari; solo alcuni tra questi purtroppo spiccano per originalità e contenuto.
Mary
Ecco, ma non è un peccato che pur essendoci così tanti blog, alla fine la maggior parte delle persone ne segua solo pochi? Io leggo molto poco gli altri blog, e velocemente. E invece vorrei essere sommersa da cosa interessanti, vorrei non riuscire più a gestire la miriade di bei siti….
Io faccio seriamente fatica a tenere dietro ai blog che seguo!
(Ora leggo e magari scrivo un commento sensato.)
“Perché anche i blogger sono persone[…]”
Indubbiamente! Credo che questa considerazione racchiuda tutta la mia opinione in materia di blogging.
E, sì, questo sarebbe il commento “sensato”. 😛
Ahahah grazie per il commento sensato 😉
Per prima cosa, ti scrivo questo commento per riportare un altro punto di vista: quello di un editore.
Una premessa: come sai, prima di essere blogger, sono scrittrice.
Quando uscì il mio primo romanzo, a maggio di quest’anno, la mia editor mi consigliò di contattare direttamente i blogger per chiedere se fossero disponibili a recensirlo. Mi consigliò di farlo personalmente perché – questo il suo parere – un blogger contattato da una grande casa editrice può sentirsi in dovere di scrivere una recensione positiva per paura di non ricevere più romanzi; mentre se contattato dalla semisconosciuta Gisella Laterza, può esprimersi più liberamente.
E credo che questo sia vero.
Diciamo che ho cominciato così la mia avventura come blogger: conoscendo i blogger a cui avevo inviato il mio romanzo e che l’avevano recensito. Mi è piaciuto il contatto che avevo creato con alcuni di loro, persone disponibili e gentili ma soprattutto attenti lettori, che non hanno esitato a segnalare gli aspetti del mio lavoro che non hanno gradito, pur apprezzandolo in generale.
Così, mi è venuta voglia di occuparmi in modo più serio del mio blog (che avevo aperto nel 2012, ma pubblicando meno di un post al mese).
Tutto questo per dire che, per me, un blog è uno spazio in cui posso condividere consigli di lettura e impressioni su libri letti. Inoltre, per una scrittrice esordiente come me, è uno spazio per farmi conoscere, ricevendo critiche o impressioni. E, infine, bloggare mi consente di sperimentare nuovi modi di scrittura, di esercitarmi in nuovi stili.
Certo, le gratificazioni e i riconoscimenti fanno sempre piacere e possono indurre in tentazione (i lettori che aumentano, e una casa editrice che, a pochi mesi dall’apertura del sito, mi contatta per chiedermi di leggere un loro romanzo), ma sono d’accordo con te, Alessandra, sulla necessità di un blogger di rimanere fedele a se stesso. Anche perché credo che solo in questo modo sia il blogger che la casa editrice possano trarre dei benefici.
Dal canto mio (vedere le mie recensioni per credere), non contatterò mai una c.e. per chiedere dei libri (ho visto che sono loro a notarmi) e non esiterò mai a scrivere un parere negativo solo per creare dispiacere a un editore o uno scrittore.
Ma soprattutto non smetterò di scrivere sul blog nello stesso modo in cui scrivo i miei romanzi. Non per ottenere benefici, ma liberamente e senza scadenze. Non per obbligo, ma per passione.
p.s.: oh, com’è lungo questo commento. Quasi quasi ne faccio un articolo per il blog. 😉
una domanda niente affatto retorica: perché trattare un tema così complesso con tanto elitismo? così diventa una questione di simpatia/antipatia, prendere o lasciare, buoni o cattivi… perché?
La prospettiva di ricevere libri gratis secondo me è un po’ sopravvalutata. Almeno per me, da poco blogger, non è così allettante; può voler dire di ricevere libri che non sceglierei mai di leggere se non mi fossero stati inviati. Sarebbe una forzatura. Ho notato anche io questa tendenza in molti blog di “successo”. Ho aperto il mio blog perché sentivo il bisogno di condividere la mia passione, la gratificazione è data dal confronto con i lettori. Che poi è il senso del blogging (a mio avviso).
Sono d’accordo con te, Carol. Avere lettori è sicuramente più importante di ricevere copie staffetta. Anche perché senza quelli non esisterebbe il blog, semplicemente.
Ah, se vuoi lasciarmi il link del tuo blog, lo guardo volentieri!