Cinque anni fa, la notte del 6 Aprile, la terra ha tremato nel territorio dell’aquilano, causando morte, dolore e devastazione. Le macerie sono rimaste, intatte, come cicatrici sugli edifici e voragini nell’animo degli abitanti. Mi sono spesso chiesta come si potesse raccontare il dramma di chi ha vissuto l’atroce esperienza di un terremoto, senza ricadere in futili pietismi, ciniche polemiche o in una ancor più atroce e vergognosa prostituzione del dolore. Penso che Donatella Di Pietrantonio ci sia riuscita. E anche molto bene.

Con grande sensibilità e pudore, l’autrice abruzzese ci accompagna nella vita, ancora sospesa, dei terremotati de L’Aquila, descrivendoci un mondo permeato dall’incertezza, dall’instabilità dei rapporti umani e dal desiderio di un ritorno al passato, del quale si contemplano solo macerie, fuori e dentro di sé. Dopo il successo editoriale di Mia madre è un fiume, Donatella Di Pietrantoniotorna con una storia intima e commovente; un racconto in cui convivono il dolore per una perdita assurda e incomprensibile e l’amore profondo per una città e per chi non c’è più.

Bella mia è la traduzione dal dialetto del verso di un canto popolare che recita: «L’Aquila bella me, te vojio revete’». È il canto dolceamaro di una donna, che cammina avanti e indietro in un quadrato di terra incolta, scavando un solco profondo nella terra, tra le erbacce. Lascia dietro di sé il segno della sua presenza in quel luogo desolato, che non ha passato né futuro. Siamo a Coppito 3, sono passati tre anni dal terremoto e i protagonisti di questa vicenda vivono nelle C.A.S.E. (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili), assegnate loro dopo l’esperienza delle tendopoli e in attesa della ricostruzione delle loro abitazioni, nel centro storico. Tra le pagine del romanzo si ritrova tutto lo sconcerto e il senso di smarrimento e impotenza delle persone intrappolate in un’attesa indegna e incomprensibile, frutto di una burocrazia che si cela vigliaccamente dietro labirinti di carte bollate.

Caterina è la protagonista e l’io narrante di questo romanzo breve. Ha perso la sorella gemella Olivia nel terremoto de L’Aquila. Sono passati tre anni da quella triste notte, che ha cambiato per sempre la sua vita. Olivia «è morta del suo ritardo». Non ha fatto in tempo a uscire di casa. Si è attardata per recuperare i vestiti per il figlio, affinché non prendesse freddo, in quella gelida notte. In quest’ultimo gesto d’amore, si è conclusa tragicamente la sua vita. Caterina si sente impotente e colpevole, dinanzi alla perdita della sorella, una figura importante, che ha sempre rappresentato un punto fermo per lei, fin dall’infanzia. Olivia era la gemella lievemente più grande, la più disinvolta, la più forte, quella a cui appoggiarsi nelle difficoltà. Caterina si ritrova a vivere, nelle C.A.S.E., insieme all’anziana madre, congelata nel lutto per la morte della figlia, atrofizzata nell’illusoria sicurezza di gesti ripetitivi e restia a instaurare rapporti profondi con i nuovi vicini. Al piccolo nucleo familiare si aggiunge Marco, il figlio adolescente di Olivia, che non vuole vivere con il padre musicista a Roma e decide di ritornare a L’Aquila.

Bella-mia-Donatella-Di-PietrantonioMarco vive il trauma della perdita della madre e colpevolizza il padre, reo di averli abbandonati per un’altra donna. Proprio a causa di questa sua decisione, Olivia e suo figlio sono rientrati a L’Aquila, rimanendo poi coinvolti nel terremoto. Nel corso del romanzo, Marco si aggrappa sempre di più alla nonna e alla zia. Li unisce il dolore per la perdita di Olivia e questo senso di condivisione risulta più forte e profondo del legame con il padre naturale. Caterina, abituata a una vita solitaria, dedicata alle creazioni artistiche in ceramica, si trova improvvisamente a fare da madre a un ragazzo adolescente, avventurandosi in un campo a lei sconosciuto e nel quale si sente il più delle volte a disagio. Nel suo percorso di elaborazione del lutto, Caterina costruirà una piccola statuetta, plasmando nell’argilla l’immagine della sorella, intrappolata in un urlo di dolore che tanto ricorda ilfamoso dipinto di Munch. È attraverso questo grido d’angoscia profonda che Caterina restituisce il dolore al passato. Rielabora l’immagine della gemella, le dona una dimensione umana, con le sue debolezze e la sua celata infelicità. Il tempo lentamente, pezzo dopo pezzo, aiuterà a ricucire i rapporti, riportando una quotidiana normalità nella vita dei protagonisti. La ricostruzione delle relazioni umane è spesso più ardua di quella degli edifici e in questo triste quadro di macerie ritroviamo alla fine un piccolo barlume di speranza, una gioia donata dalla vita che continua.

Donatella Di Pietrantonio ci regala un romanzo breve, di grande delicatezza e profonda umanità. La sua scrittura è asciutta ma pervasa da uno stile ricercato, in cui la scelta di ogni singola parola non è mai banale. L’uso di immagini retoriche regala al lettore dettagli appena accennati, suggeriti, quasi sussurrati. La realtà dura, del dolore e della morte, non è mai esposta con particolari di cruda volgarità. Sono sufficienti poche parole per ritrarre gli stati d’animo dei protagonisti, creando una forte empatia con il lettore, che si ritrova a vivere, insieme a loro, attimi di forte intensità emotiva. La prosa ha un andamento omogeneo, fluido.

In questo eccesso di pudore tuttavia qualcosa alla fine sembra mancare. La conclusione arriva in fretta, troppo in fretta. Restiamo con un vago senso d’insoddisfazione, lievemente delusi perché vorremmo seguire i personaggi ancora per un po’, sapere cosa ne sarà delle loro vite sospese. La Di Pietrantonio sembra voler cogliere un momento particolare, di transizione, all’interno delle loro esistenze. Il romanzo è come un dipinto nel quale la luce ci svela solo alcuni tratti, altri li lascia volutamente in ombra, sullo sfondo. Una parte di noi li vorrebbe vedere, quasi toccare. Ma non si può. L’autrice ci lascia molte porte aperte, sono quelle del destino di ognuno di noi, immense e imprevedibili. Non a tutto c’è risposta. E forse è giusto così.

Autore: Donatella Di Pietrantonio
Titolo: Bella mia
Casa editrice: Elliot
Pagine: 192
Prezzo: € 17,50 brossura; € 8,99 ebook
Data pubblicazione: Marzo 2014

the author

Nata e cresciuta nella "Milano da bere", ha sempre avuto uno spirito curioso e indagatore. Distruggere Barbie era la sua passione. Da piccola frugava nella libreria di papà, da adolescente ha iniziato a cibarsi nelle biblioteche. Nostalgica della musica anni Ottanta e dei milk shake di Burghy, ama canticchiare a bordo della sua minuscola Titti, un'adorabile utilitaria rosso Ferrari. Dopo una laurea in Scienze della Comunicazione conseguita ai piedi della Mole, si è trasferita nella più calorosa e calorica Roma, dove ha lavorato alcuni anni nel settore della pubblicità. Stregata dai profumi delle rosticcerie e dal fascino antico delle passeggiate romane ci ha vissuto per otto anni prima di scoprire gli incantevoli borghi della Tuscia e iniziare sei anni fa la sua avventura di libraia.

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