Iniziamo con una premessa: il MCU, nel complesso, mi piace. Sin dagli inizi, mi è sembrata una buona operazione per costruire al cinema un universo narrativo di ampio respiro che supplisse alla durata, a volte sin troppo breve, di una pellicola canonica. Se poi ragazzini e ragazzine potevano scoprire il mondo del fumetto e della graphic novel, e magari dei libri, tanto di guadagnato.
Quando nel 1973 il “maiale maschilista” Bobby Riggs (Steve Carell), tennista ritiratosi a vita privata, sfidò la numero due al mondo del tennis femminile Billie Jean King (Emma Stone) a una partita a tennis con in palio un lucroso premio in dollari, ad andare in scena non fu un semplice match, ma una vera e propria “battaglia dei sessi”, che vide in opposizione le istanze più conservatrici della società e il nuovo che avanza.
Sono una figlia degli anni Ottanta. A differenza delle mie coetanee che rivendicano orgogliose di aver sempre preferito giochi “da maschio”, ammetto candidamente di non aver mai avuto i Lego, ma ne ho subito il fascino – la costruzione fisica dell’oggetto unita alla costruzione immateriale del mondo – in età adulta. Come quasi tutti i bambini, tuttavia, ho a lungo sognato di essere un ninja. Ma chi voglio prendere in giro, sogno ancora di essere un ninja.
Sono trascorsi trent’anni dal fatidico novembre 2019 in cui l’agente Deckard (Harrison Ford) si mise a caccia dei replicanti che minacciavano l’ordine mondiale in Blade Runner, di Ridley Scott. Siamo nel 2049 e Denis Villeneuve fa ritorno al mondo di umani e replicanti ispirato a Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick. Seguiamo le vicende di un nuovo blade runner, un replicante con il compito di dare la caccia ai suoi simili e “pensionarli”: è l’agente K, un Ryan Gosling tornato sul grande schermo dopo i fasti di La La Land.
In principio fu il cinema. Ma la storia di un film uscito dalle sale è appena iniziata: dal 13 luglio è infatti disponibile su Sky Primafila, in collaborazione con Warner Bros. Italia, Kong: Skull Island, diretto da Jordan Vogt-Roberts e con Tom Hiddleston, Samuel L. Jackson, Brie Larson e John Goodman.
Lo attendevamo. Forse non quanto The Force Awakens, ma Rogue One – A Star Wars Story era una delle novità cinematografiche più appetibili del Natale 2016. Distribuito da Disney Pixar e diretto da Gareth Edwards, ha ripreso un episodio inedito che viene appena accennato nell’incipit di Episode IV (Star Wars – A New Hope), il recupero dei piani per distruggere la Death Star, apparentemente invincibile arma dell’Impero.
Mi metto nei panni di chi, leggendo questa recensione, si aspetta una risposta alla domanda “Ghostbusters: sì o no?”. Non è così semplice: da una parte, quando c’è di mezzo un brand come Acchiappafantasmi che molti, me compresa, considerano un culto, è difficile essere all’altezza delle aspettative. Aggiungiamo poi che la versione 2016 di Katie Dippold e Paul Feig potrebbe, estremizzando solo un po’, esser vista come una gender swap fanfiction.
Commenti recenti