Una forza irresistibile mi attira sempre verso i romanzi brevi: sarà la mia passione per Amélie Nothomb, sarà che il romanzo breve è uno dei generi che maggiormente si prestano a fare sfoggio di stili arguti e puntuali, nonché a storie che devono, per forza di cose, dimostrare la loro efficacia in poco spazio.
L’altrove è qui.
Cercherò di essere i tuoi occhi, Jorge. Seguo il consiglio che mi hai dato quando ci siamo salutati: escribe, y recordaràs. Cercherò di ricordare, con precisione, questa volta. Perché tu possa scorgere quel che ho visto, svelare il mistero e arrivare alla verità. Quando inventiamo, lo facciamo per ricordarla più precisamente.
È boom per Finnegans Wake in Cina. Ottomila copie vendute in poche settimane, un successo inaspettato per l’opera ultima di James Joyce, pubblicata a Londra il 4 maggio del 1939, che ha scalzato dal podio la saga di Harry Potter. Sembra che il traduttore cinese, Dai Congrong, abbia impiegato circa dieci anni per trasporre il testo e “adattare” lo stile di Joyce in modo che apparisse comprensibile anche ai lettori cinesi.
La morte aleggiava nel cielo e all’improvviso si tuffava, piombava dall’alto ad ali spiegate e becco d’acciaio dardeggiante, puntava su quella lunga fila tremante di insetti neri che strisciavano lungo la strada. Tutti si buttavano a terra, le donne si stendevano sui figli per proteggerli con il loro corpo. Quando il fuoco cessava, solchi profondi restavano scavati nella folla, simili a spighe di grano piegate in un giorno di tempesta o ad alberi abbattuti che formano strette e profonde trincee. Dopo pochi istanti di silenzio gemiti e richiami si levavano, si rispondevano, gemiti che nessuno ascoltava, richiami lanciati invano…
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