A poche settimane dall’accordo Giunti – Amazon, arriva dagli Stati Uniti la notizia dell’aspra battaglia tra Hachette, uno dei più grandi gruppi editoriali francesi, e il megacolosso di Jeff Bezos. Quest’ultimo, infatti, sta portando avanti una campagna “segreta” per scoraggiare i clienti a comprare le pubblicazioni Hachette dal proprio sito. Obiettivo: boicottare Hachette, che dispone di una possente rete di distribuzione, presente in circa 32 paesi, e che attualmente controlla ben 40 case editrici.

Le ragioni alla base del contrasto sono, ovviamente, di natura economica. Amazon, avendo come unico intento quello di implementare i ricavi economici, avrebbe chiesto all’azienda francese un ritocco al ribasso sui margini di guadagno e condizioni di acquisto più favorevoli. Nonostante la catena dell’editoria sia inesorabilmente alle dipendenze dello stra-potere della holding – che si è assicurata 1/3 dell’e-commerce – Hachette si è dimostrata recalcitrante e ha rifiutato. Risultato: è stata tagliata fuori dal mercato online per quanto concerne Amazon, nonostante rimanda leader nel settore editoriale con all’attivo la pubblicazione di quasi quindicimila titoli all’anno.

Amazon ha ostentato la sua forza, e sta utilizzando varie tattiche per creare terra bruciata intorno ad Hachette. Impiega mesi per spedire un libro appartenente al suddetto marchio, suggerendo ai lettori un’opera alternativa, e se proprio questi ultimi persistono a voler comprare un romanzo Hachette, allora la società alza il prezzo, o addirittura piazza un bel banner vicino al titolo mostrando volumi più economici. Con la distribuzione di alcuni manoscritti, come “The Tipping Point” o “Blink” di Malcolm Gladwell, si è arrivati a manovre a dir poco spregiudicate: se un lettore lo vuole acquistare da Amazon i tempi di spedizione sono di due settimane, un’edizione spagnola di un altro gestore è immediatamente disponibile.

Gli autori editi da Hachette, che hanno visto calare le vendite quasi del 50%, indicano la compagnia alla stregua di qualsiasi regime repressivo che, come tale, desidera il controllo totale sull’accesso dei libri. “Un po’ come Vladimir Putin che mobilita le sue truppe lungo il confine dell’Ucraina” ha dichiarato Andrew Rhomberg fondatore di Jellybooks. Vittima illustre del gigante del web anche Jeffery Deaver, che pochi giorni fa ha scritto un post al vetriolo contro Amazon. Il bestsellerista statunitense, dopo aver espresso la sua gioia per la pubblicazione del nuovo romanzo del ciclo de Il Collezionista d’Ossa, ha fortemente condannato quella che lui definisce “la politica dell’intimidazione” verso lettori, autori ed editori, invitando gli stessi a sabotarla.

Intanto Amazon si è trincerato dietro un comodo “no comment”, coadiuvato anche dalla condotta della Commissione sulla regolamentazione della legge antitrust, che per ora non ha preso alcun provvedimento, nonostante all’Authors Guild siano arrivate almeno 15 denunce da parte degli autori di Hachette che coinvolgono 150 titoli.

Che Amazon abbia sempre adottato sistemi aggressivi non costituisce una novità. Recentemente un editore, che non ha voluto essere identificato, ha asserito che durante i negoziati sembra di vedere “un cuoco mentre disossa un pollo, alla fine tutto ciò che è di valore viene tranciato via”. La situazione non cambia in Europa dove la holding sta facendo del palese ostruzionismo contro l’editore svedese Bonnier, utilizzando la stessa linea di disturbo: consegne in ritardo, costi più elevati.

Ma qual è il vero motivo di questi dissapori? Si vocifera che a Wall Street l’umore stia cambiando. Per anni, finché si produceva dell’utile, il programma di Amazon di investire tutti i profitti in nuove imprese ha generato un largo consenso. Ma le azioni sono in forte calo, e le previsioni sui guadagni futuri sono quotate al ribasso in vista dell’atteso debutto in borsa di ALIBABA, una società e-commerce cinese altamente redditizia che si profila come nuovo competitor di Amazon.

Tattiche indotte dall’oscillazione dei mercati finanziari, oppure Amazon detiene tanto di quel potere da permettersi azioni osteggianti e repressive? E per quanto possa essere esteso il suo raggio d’azione, è lecito trattare i propri clienti in modo così superficiale, ridicolizzando l’editoria con tale atteggiamento?

Aggiornamento

Si fa sempre più duro il contrasto tra Amazon e il gruppo editoriale Hachette. Negli ultimi  giorni i visitatori del sito non possono preordinare i libri, del marchio in questione, in  forma in cartacea,  e in alcuni casi è addirittura scomparsa l’edizione Kindle. Uno dei titoli colpiti è il nuovo romanzo di JK Rowling, edito sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith. A fronte di quest’ulteriore tattica di rallentamento nella distribuzione delle opere, Sophie Cottrell , vice presidente di Hachette, ha espresso sdegno e rammarico “Siamo determinati  proteggere il valore dei libri e dei nostri autori e il nostro lavoro di editing, distribuzione e commercializzazione. Speriamo che questa difficile situazione non duri a lungo”.

In Germania, dove intanto il retailer sta facendo pressioni sul gruppo Bonnier Pubblishing, l’associazione Editori e Librai Association si sta organizzandoe ha riunito i propri esperti in materia antitrust al fine di controllare se la condotta tenuta da Amazon stia violando la legge.

Negli Stati Uniti la comunità dei lettori è fortemente indignata e additano l’atteggiamento della holding al pari un’estorsione; impressione rafforzata dalla dichiarazione che James Patterson – i cui romanzi sono introvabili, presso Amazon sia in formato cartaceo che digitale –, ha recentemente rilasciato “Librerie biblioteche, autori e libri si trovano nel fuoco incrociato di una guerra economica. Se questo è il nuovo mercato editoriale americano, allora forse deve essere cambiato, anche attraverso una nuova normativa, se dovesse essere necessario”.

Ironia della sorte ad essere colpito dalle manovre della società Everything Store: Jeff Bezos e l’età di Amazon, un libro di Brad Stone, ex giornalista del New York Times, nel quale lo scrittore descrive le strategie impiegate dal colosso per “spremere gli editori finanziariamente vulnerabili

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Valeria David è nata nel profondo Sud dove vive e lavora. A otto anni le regalano “La Figlia del Capitano” e se ne innamora. Senza fissa dimora, per anni è costretta a girare per lo Stivale finché non decide di stabilirsi, per ragioni che ancora nemmeno lei comprende, nella terra dello Scirocco. Qui si laurea in Legge. Ha da poco tempo rispolverato penna e calamaio e si è rimessa a scrivere.

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