
Sono passati cinquant’anni dall’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, un evento che ha segnato la storia americana e, di riflesso, anche la nostra. La morte di Kennedy ha in qualche modo sancito la fine di un’epoca, non solo su un piano politico e sociale, ma soprattutto su un piano culturale.
Dopo la sua morte, infatti, le certezze dell‘american dream si sono incrinate per sempre. I dubbi e le insicurezze si sono infiltrati nella produzione cinematografica e nella letteratura, spalancando le porte a quella controcultura che aveva le radici nella lotta per i diritti civili, una lotta per la quale lo stesso Kennedy si era, inizialmente, speso. Quel senso di incertezza sembra riverberarsi nella storia e amplificarsi, e mentre le onde si propagano lungo la linea del tempo, il passato — quel periodo tra la II Guerra Mondiale e la morte di Kennedy — assume la fisionomia di un eldorado.
Perché la storia è stata così bruscamente deviata? Perché non permettere a Kennedy di portare a termine il suo mandato, i suoi obiettivi, i sogni dei cittadini che rappresentava? Si sarebbe potuta scongiurare la guerra in Vietnam, ma anche le rivolte razziali e le morti di Robert Kennedy e di Martin Luther King? Queste sono le domande che muovono 22/11/’63, il romanzo che ha riportato Stephen King sull’olimpo della narrativa contemporanea, dopo anni di opere un po’ appannate.
La trama di 22/11/’63 parte da un fatto bizzarro: nel retro di una tavola calda c’è un varco temporale che conduce alle 11:58 del 9 settembre 1958. Si può stare nel 1958 un’ora, qualche anno, ma al momento in cui si torna nel presente sarà come se fossero passati pochi minuti. Questo è il segreto che Al Templeton, gestore del ristorante, rivela a Jake Epping, un professore di inglese in crisi esistenziale. L’obiettivo di Al, malato terminale, è convincere Jake ad andare nel 1958 e fare in modo che il presidente Kennedy non venga ucciso il 22 novembre del 1963. Jake vuole prima verificare di persona e decide di tornare indietro nel tempo per modificare il corso degli eventi di una persona a lui cara, Harry Dunning, il bidello della scuola in cui lavora, rimasto menomato da bambino in seguito a una tragedia familiare. Jake riesce a fatica a salvare la famiglia di Harry, a dimostrazione di quanto gli era stato detto da Al: il passato non vuole essere modificato e fa di tutto per impedirlo. Quando Jake torna nel presente scopre inoltre che Harry è morto da ragazzo in Vietnam, guerra che, nell’altro presente, aveva potuto evitare grazie al suo handicap.
Jake decide comunque di tornare ancora nel 1958 e portare a termine la missione di Al: salvare il presidente Kennedy ed evitare così la guerra in Vietnam. Trasferitosi a Jodie, nel Texas, comincia una nuova vita con una nuova identità: non solo riuscirà ad affrontare i terribili ostacoli che il passato gli presenta per non farsi modificare, ma si getterà anche alle spalle l’infelicità del XXI secolo, grazie all’amore di una bibliotecaria, Sadie. Dopo aver sventato l’omicidio del presidente, Jake è però costretto a tornare nel presente, per scoprire purtroppo che il piano di Al non ha funzionato.
22/11/’63 è un grande romanzo, anche nelle dimensioni: grosso come un vocabolario, lo si legge però come se fosse un racconto di poche pagine tanto è avvincente e scritto in maniera fluida. È un grande romanzo anche perché, in realtà, racconta molte storie: i piani temporali differenti fanno infatti ripartire l’azione sempre da capo, sempre da quella mattina del 1958, con nuovi scenari e nuovi personaggi. Ma 22/11/’63 è soprattutto un grande romanzo di fantascienza perché ci permette di fare una riflessione sul tempo: sul nostro tempo interiore, che si muove in direzioni e modalità che non hanno nulla a che vedere con la concezione lineare del tempo esteriore; sul passato e sull’inutilità di porsi domande del tipo “come sarebbe andata se…”.
Stephen King con questo libro sfata anche il mito di quel passato dove le cose erano più genuine, più buone, e, in generale, c’era maggiore fiducia nel prossimo e nel futuro: oltre a queste cose, senz’altro positive, c’erano anche pesantissime convenzioni sociali, razzismo, maschilismo, sessuofobia e parecchia ipocrisia. Il successo politico di Kennedy, al di là di fatti importanti come la crisi missilistica, è stato quello di infondere la speranza di un cambiamento nei cittadini: oggi, dopo cinquant’anni, possiamo affermare che quel cambiamento è avvenuto, anche se in parte: Barack Obama è il presidente degli Stati Uniti, i matrimoni egualitari sono una realtà in molti paesi, le donne hanno conquistato una posizione di parità. C’è ancora molto da fare, è chiaro, ma rispetto a cinquant’anni fa il mondo è senza dubbio un posto un po’ più libero e un po’ più democratico. Stephen King ci fa riflettere anche su questi temi, lasciandoci però indulgere sulla nostalgia di un passato che, per quanto non fosse migliore del presente, fa parte di noi.A proposito di 22/11/’63, in occasione del cinquantenario dell’assassinio di Kennedy, la casa editrice che pubblica King in Italia, la Sperling & Kupfer, ha organizzato per oggi pomeriggio un hangout per discutere di questo romanzo; saranno presenti Anna Pastore, l’editor italiana di King; Giovanni Arduino, autore e traduttore; Tito Faraci, autore e fumettista; e Alessandro Furlano, animatore della community stephenking.it. L’hangout si può seguire dalle ore 17 nel sito ufficiale della Sperling, sul canale Youtube e su Google+
Autore: Stephen King
Titolo originale: 11/22/’63
Traduttore: Wu Ming 1
Editore: Sperling & Kupfer
Pagine: 767
Prezzo: €14
Anno di pubblicazione: 2011